Giovani lombardi, futuro a rischio «Lavoro discontinuo e malpagato»
Il difficile equilibrio contributivo dei millennial. L’allarme di Confcooperative
Le pensioni di domani sono il frutto del lavoro di oggi, dunque c’è poco da star tranquilli quando pure i lavoratori in attività sono a rischio povertà. Incrociando numeri e dati provenienti dalle istituzioni europee, nazionali e regionali, acquista ancora più valore l’allarme lanciato dal Censis Confcooperative secondo cui sono 5,7 milioni i lavoratori che da qui al 2050 alimenteranno le file dei poveri. Frutto, si legge nel recente rapporto «Millennial, lavoro povero e pensioni: quale futuro?», di ritardi nell’ingresso nel mondo del lavoro, discontinuità contributiva e deboli dinamiche retributive. Un mix «che proietta uno scenario preoccupante sul futuro previdenziale e la tenuta sociale del Paese». E lo scenario deve preoccupare anche la Lombardia che, nonostante sia la regione più dinamica in Italia, mostra una bassa qualità del lavoro e ha una crescita degli occupati legata soprattutto alla fascia d’età over 55.
Nonostante in Lombardia i contratti di lavoro a tempo indeterminato mostrino valori maggiori rispetto alla media nazionale (22,9% contro un dato nazionale del 17,2%) lo stesso dato si rileva anche nel campo del lavoro somministrato dalle agenzie di lavoro interinale. Su questa voce, riporta l’ultimo rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro, la Lombardia registra
assunzioni in somministrazione al 23,9% contro una media annuale del 16,1%. Entrando ulteriormente nel dato grazie ai numeri dell’Istituto
superiore per la ricerca, la statistica e la formazione di Regione Lombardia (Eupolis) si scopre che le due tipologie di nuovi contratti che trovano
più applicazione nel mercato
regionale lombardo, cioè la somministrazione e il tempo determinato, abbiano nella maggior parte dei casi una durata inferiore a un mese. «Questi dati — dice Corrado Mandreoli, della Camera del lavoro metropolitana — confermano che osservare il solo tasso di disoccupazione per decretare o meno la salute del mercato del lavoro è un esercizio incompleto. Occorre anche guardare alla qualità che è bassissima e con poche prospettive di crescita». E la tendenza degli ultimi tre anni conferma la sempre minore incidenza dei rapporti di lavoro stabili: a salire sono le assunzioni a termine, passate dalle 751 mila del 2015 alle 932 mila del 2017, quelle in apprendistato e le stagionali. In tutto su un 14% di assunzioni in più nel 2017 rispetto al 2016 quelle a tempo indeterminato hanno fatto segnare un -8,7% dopo la fine degli sgravi del Jobs act. Su questo versante il giudizio di Eurostat è chiaro: il rischio di povertà tra i lavoratori in Italia è tre volte più alto tra coloro che hanno impieghi temporanei (16,2%) rispetto a quelli con un contratto a tempo indeterminato (5,8%). Incertezze, precarietà e disoccupazione che colpiscono anche l’aspetto previdenziale. «Queste condizioni hanno attivato una bomba sociale che va disinnescata. Lavoro e povertà — dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative — sono due emergenze sulle quali chiediamo al futuro governo di impegnarsi per un patto intergenerazionale che garantisca stesse opportunità a padri e figli». Gli fa eco il presidente di Confcooperative Lombardia: «Il tema previdenziale è stato accantonato per troppi anni e quando è stato trattato lo si è fatto in ottica di emergenza e senza strategia».
Il capitale umano non solo non viene valorizzato ma sfruttato, come nel caso di Paola, nome di fantasia perché «altrimenti non mi richiamano»: iscritta a un’agenzia di somministrazione lavoro del Milanese trova un impiego in una fabbrica del Cremasco. I rinnovi arrivano di settimana in settimana, per un mese. Poi la richiesta di assentarsi un giorno per un funerale. «Risultato? Licenziata».
Gli «over 55»
L’economia regionale è dinamica ma con una crescita degli occupati solo nelle fasce senior