Luci spente al teatro Scala della vita
Il cartellone all’interno dell’ospedale Macedonio Melloni ostaggio di una querelle burocratica
Chiuso improvvisamente lo scorso agosto e adesso con il destino in stallo, fermo tra carte burocratiche e rimpalli di responsabilità. Il Teatro Scala della vita era uno dei più insoliti a Milano: si trovava dentro all’ospedale Macedonio Melloni, lì dove una volta c’era il «teatrino del sorriso» dell’ex Brefotrofio. Abbandonato nel dopoguerra, risorse nel 2003, grazie a un restauro conservativo realizzato con il dono di due sposini, Alberto e Paola Anfossi, e alla gestione di una onlus, Il sipario dei bambini, che l’ha tenuto vivo fino a sette mesi fa. Poi, il brusco stop. «Un giorno, in modo del tutto inaspettato, Città Metropolitana, proprietaria degli spazi, ha cambiato la serratura dell’ingresso sul cortile di via Piolti de Bianchi, non consegnandoci le nuove chiavi. Alle richieste di spiegazioni ha risposto che i locali sono affidati al Fatebenefratelli, e quindi di rivolgerci a loro. Abbiamo domandato all’ospedale, che dal 2003 ce li concedeva in comodato gratuito, ma ci siamo sentiti dire che non sono a norma e quindi vanno tenuti chiusi», spiega Stefano Bernini, ex medico diventato direttore artistico del teatro. La onlus si è anche offerta di coprire i costi di ripristino, ma «nessuno ad oggi ci ha fornito l’elenco delle inagibilità e dei lavori da realizzare», scuote la testa Bernici ni. «La Melloni afferma che vuole restituire alla Città metropolitana gli spazi e ci chiede di liberarli degli arredi e di smantellare anche la struttura del foyer all’ingresso». Mentre dall’ente di via Vivaio fanno sapere: «Una volta che gli spazi saranno restituiti, decideremo se riportare dentro il teatro». Ma qui, allora, c’è il paradosso: quel luogo di cultura rischia di svuotarsi con sforzo e costo inutile o più realisticamente, rischia di non tornare più. Non è chiaro come possa sbloccarsi la situazione.
«Sarebbe un grosso peccato far finire tutto, il nostro era un servizio molto amato», si rammarica il presidente della onlus Guido Moro, ex primario del reparto di Patologia neonatale della stessa Melloni. Dal 2003 il cartellone è stato vivace, connotato socialmente per le attività a sostegno di adolescenti e bambini. Forte di un sodalizio con l’associazione genitori persone down (Agpd) e con l’istituto carcerario per mamme (Icam), ma ricco anche di spettacoli di prosa per adulti. Il luogo, soprattutto di sera e nei weekend, era ormai anche punto di riferimento per il quartiere, con il cineforum aperto gratis a tutti, gli eventi culturali e i concerti con le giovani promesse dell’arpa. Segno dell’interesse, la Naba (Nuova accademia delle Belle arti) aveva deciso di regalare per ogni spettacolo fondali e scenografie. Possibile che una struttura che tanti sforzi ha compiuto a sostegno dei disagiati e nel segno della cultura debba finire così?