Trasformato in killer dai rancori tra vicini
Accoltella condomino dopo anni di risse
Le ossessioni del killer della porta accanto: quel condo- mino nel palazzo di Solaro, il 54enne Michelangelo Redaelli, era «colpevole» di consu- mare eccessivamente l’acqua comune dello stabile, fumare nell’androne, girare a torso nudo. Mario Zaffarana, alla fine, ha deciso di «punirlo». E lo scorso 22 dicembre, accecato dai suoi fantasmi che ormai l’avevano divorato, l’ha ucciso a coltellate. I carabinieri l’hanno arrestato dopo che l’inchiesta aveva inizialmente seguito la pista della droga. A carico del killer, molti elementi d’accusa oltre ai tabulati telefonici.
Non per debiti di droga, come si pensava nelle prime battute delle indagini. E nemmeno per questioni passionali, altra pista presa in considerazione ma subito scartata. Il 54enne Michelangelo Redaelli è morto nel suo garage, trafitto da due violente coltellate alla gola, per molto meno: l’uso eccessivo dell’acqua condominiale, il vizio di fumare negli spazi comuni, quell’abitudine di girare a torso nudo nel palazzo di Solaro dove viveva e dove è morto il 22 dicembre. Ammazzato per il suo «stile di vita» di persona forse un po’ eccentrica, originale, ma comunque innocua, che come un tarlo ha consumato da dentro un suo vicino di casa, Mario Zaffarana, 59 anni, al punto da spingerlo a trasformarsi in killer.
L’uomo, muratore originario della provincia di Catania, un vecchio precedente di polizia, ieri mattina ha negato le accuse davanti al gip Emanuela Corbetta, firmataria dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dal sostituto procuratore di Monza Carlo Cinque, al termine delle indagini condotte dai carabinieri di Desio. Il presunto assassino, assistito dall’avvocato Cristina Schiatti, si difende sostenendo che i tempi e le circostanze dell’omicidio ricostruite dagli investigatori non coincidono con la sua presenza sul luogo del delitto, visto che quel giorno si trovava dal notaio per formalizzare l’acquisto di una nuova casa a Limbiate. Ma a suo carico risultano altri elementi, oltre ai tabulati telefonici e ai dati del localizzatore Gps installato sulla sua automobile, che ne certificano la presenza nel palazzo di Solaro nell’ora dell’omicidio, avvenuto, secondo quanto ricostruito dal medico legale, nel primo pomeriggio.
Emerge, in primo luogo, la traccia di Dna di Zaffarana rilevata dagli specialisti del Ris sulla giacca di Redaelli, uomo maniaco della pulizia, che aveva fatto lavare il giubbotto in tintoria solo una settimana prima. E poi pesa sul quadro indiziario quella grossa «ingenuità» commessa la sera del 22 dicembre, quando il muratore siciliano, atteso in un ristorante milanese per una cena pre-natalizia con amici, si è giustificato del ritardo dicendo tra le altre cose «che nei box di casa avevano trovato un morto ammazzato». Circostanza, quest’ultima, che poteva conoscere solo il killer, visto che il corpo del povero Redaelli, cercato invano da un conoscente per gli auguri delle feste, è stato scoperto solo il giorno successivo.
Per gli inquirenti l’uomo ha ucciso sorprendendo il vicino di casa alle spalle nel box, e poi si è disfatto del coltello (mai trovato), in un campo incolto di Cesate. Sul conto di Redaelli, persona solitaria che a parte una saltuaria occupazione da un fiorista della zona viveva grazie ad una rendita di famiglia, risultavano vecchi precedenti per droga. L’inchiesta si è indirizzata in quella direzione. Ma non sono stati i fantasmi del suo passato, a provocarne la morte. Secondo gli inquirenti, il movente deve essere cercato nei vecchi dissapori maturati tra i due a causa di pessimi rapporti di vicinato, già degenerati in passato in una precedente aggressione a mani nude da parte di Zaffarana alla vittima, colpita con un pugno, anche se in quell’occasione il 54enne non aveva presentato denuncia. Futili motivi legati alla quotidianità, dunque, che sempre più spesso, come sottolineato dal procuratore capo monzese Luisa Zanetti, «sfociano in tragici epiloghi».
Convivenza difficile
L’assassino non sopportava i lavaggi dell’auto e le sigarette fumate dalla vittima