Corriere della Sera (Milano)

Luk Perceval Il corpo del teatro

Il regista fiammingo approda allo Strehler

- Claudia Cannella

«La mia prima volta in Italia fu come spettatore, per l’“Arlecchino” di Strehler e “Mistero Buffo” di Fo. Quel modo di fare teatro per il pubblico, dibattito oggi molto acceso in Germania, e la forte componente fisica mi colpirono molto». Così esordisce Luk Perceval, star della regia internazio­nale e dal 2009 direttore del Thalia Theater di Amburgo, ospite invece per la prima volta in Italia con un suo spettacolo, «The Year of Cancer» (2016), al Teatro Strehler da questa sera. Fiammingo, classe 1957, diploma al Conservato­rio Reale di Anversa e attore per alcuni anni al tradiziona­lissimo Teatro Reale Olandese, Perceval comprende presto che quella non è la sua strada, tra registi senza idee ed eccessiva importanza data al testo. Lui, che da ragazzo giocava a calcio a livello agonistico e che oggi pratica yoga, ha in mente Ferruccio Soleri e Dario Fo, ma anche gli insegnamen­ti di Barba, Grografia towski e Kantor. «La consapevol­ezza del corpo — dice — viene prima del testo. Lo stare in scena deve essere naturale, come la vita». E il corpo, la fisicità ritornano prepotente­mente in questo lavoro, ricavato dall’omonimo romanzo di Hugo Claus, scritto nel 1972 e subito bestseller.

Una storia d’amore impossibil­e tra un uomo e una donna (Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat) alla disperata ricerca di un’intimità che non riescono a trovare. Così come non riescono a lasciarsi. Né con te né senza di te. Anche il sesso è sofferto e frustrante, ma incombe su di loro come se fosse l’unica via alla felicità. Con risvolti grotteschi, che Perceval definisce «tragicomic­i», come la consultazi­one di manuali di posizioni erotiche o il consumo di alcol. A sottolinea­re tutto ciò la «foresta» di bambole gonfiabili erotiche anni 70, che sovrasta e circonda i protagonis­ti, segno forte della sceno- firmata da Katrin Brack, Leone d’oro alla Biennale 2017. Ma che cosa unisce due persone quando nulla sembra avere un senso? Cosa c’è tra questi due amanti che li rende così inseparabi­li? L’incapacità di misurarsi con il senso della perdita. «Cercare (e trovare) l’amore — sostiene Perceval — significa accettare i nostri limiti e fallimenti. La forza di questo spettacolo è la catarsi, l’obiettivo è che gli spettatori provino compassion­e ed empatia nei confronti dei personaggi. Non commiseraz­ione. Il teatro ci permette di accettare la vita senza essere giudicanti, non è dogmatico come la Chiesa». In olandese con sovratitol­i.

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Amore impossibil­e Maria Kraakman e Gijs Scholten Van Ashat in scena

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