La vera storia di Aehan Ahmad
La sua storia ha fatto il giro del mondo. Attraverso YouTube, dove scorrono le immagini di un giovane in camicetta a scacchi che suona un pianoforte verticale piuttosto malandato in mezzo a una strada bombardata; un fiore di bellezza sbocciato tra le macerie per consolare la gente dalle atrocità della guerra. Una storia diventata libro, «Aehan Ahmad. Il pianista di Yarmouk» (edito da La nave di Teseo nella collana «Le polene», € 20), che l’autore presenta oggi alla Civica Scuola di Musica «Claudio Abbado» insieme alla giornalista del «Corriere» Giuseppina Manin (ore 18.30, v. Stilicone 36, ingresso libero, tel. 02.97.15.24): Ahmad, nato nel 1988 a Damasco da famiglia palestinese, aveva iniziato a suonare a 5 anni in una Siria ancora in pace; poi la guerra, la fuga come tanti altri concittadini, il ricovero nel campo profughi a Yarmouk, poi ancora la fuga e la perigliosa traversata del Mediterraneo sulla rotta balcanica fino ad arrivare, nel 2015, in Germania. È qui, a Wiesbaden, che il pianista siriano ha potuto coronare i suoi sogni non solo di una vita non continuamente minacciata, ma anche di una carriera musicale: ha potuto completare gli studi, perfezionarsi e iniziare ad esibirsi in tutto il mondo; nel dicembre 2015 ha ricevuto l’International Beethoven Prize for Human Rights.