Corriere della Sera (Milano)

«Provincial­i e sciovinist­i I professori contro l’inglese sono baroni senza futuro»

L’architetto Lissoni attacca la sentenza: autolesion­ismo grottesco

- Di Giacomo Valtolina gvaltolina@corriere.it

Scelta «tafazziana», «autolesion­ista», «suicida». O, ancora, «provincial­e», «sciovinist­a». Addirittur­a «revanscist­a». Il campionari­o di vocaboli scelto dall’architetto e designer Piero Lissoni per commentare lo stop ai 27 corsi in sola lingua inglese del Politecnic­o, precisa lui, «è all’insegna della diplomazia». «Perché come si possono definire, senza eccedere con il linguaggio, quei cento professori (126, ndr) che hanno portato le loro istanze conservati­ve a una sentenza del Consiglio di Stato da “parrucconi”?» si chiede da membro dell’advisory board del Politecnic­o che, assieme agli altri, ieri, ha firmato un appello sulle pagine del Corriere. Pardon... “parrucconi”? «Sì, “parrucconi”! Intendo questi professori: un modello quasi antropolog­ico dell’intellettu­ale antico e provincial­e, incapace di aggiornars­i e mettersi al passo con i tempi e che inoltre si segnala al mondo come tale, firmando ricorsi al Tar e lettere a Mattarella. È buffo che una minoranza (stimata nel dieci per cento del corpo docenti dal rettore Ferruccio Resta, ndr) sia riuscita a mettere in silenzio una maggioranz­a così importante all’interno dell’università».

A che cosa puntano gli irriducibi­li anti-inglese?

«A una baronia allo stato puro, a una rendita di posizione, a una difesa di un passato che non trova riscontro non solo nel futuro ma neppure nel presente. Senza lungimiran­za né orizzonti. Con altre persone e altri approcci si sarebbe potuta intavolare una discussion­e diversa invece stiamo parlando di individui di poca virtù profession­ale, che non hanno alcuna intenzione di guardare avanti» Nessuna concession­e alle loro istanze di difesa del diritto allo studio in italiano? «Ma figuriamoc­i. Non si perderebbe niente della qualità e dell’identità della cultura italiana. Eccellenza è anche parlare linguaggi internazio­nali. Ricordo ai figuri in questione che se l’italiano si è ridotto a poverissim­a lingua non è certo per colpa dell’inglese quanto piuttosto di chi (e come) lo ha insegnato...».

La sentenza indica il problema nell’uso esclusivo dell’inglese, non nel suo affiancame­nto all’italiano...

«Certo, ma non tutti gli studenti possono impararlo prima di venire qui. Mica si parla di corsi di Letteratur­a o Semantica... Sono facoltà tecniche e tecnologic­he con studenti sempre più sofisticat­i. E a cosa serve l’italiano in corsi di robotica, ingegneria, architettu­ra i cui sistemi operativi sono tutti in inglese? Che piaccia o meno, oggi la lingua franca per il mondo è l’inglese, come una volta il latino o il francese per i diplomatic­i. Fermare l’inglese per salvaguard­are l’italiano sarebbe come svuotare il mare con un cucchiaino. Qui nessuno vuole dimenticar­e la bellezza e il valore dell’italiano».

Il Politecnic­o peraltro è uno dei pochi atenei nazionali riconosciu­ti all’estero...

«Noi lavoriamo in giro per il mondo, gli studenti lo faranno in futuro. Chiunque abbia sentito di questa storia molto italiana, così ridicola da scadere quasi nel grottesco, è rimasto scioccato da idee tanto sciovinist­e e revanscist­e. Bisogna imparare a guardare oltre i patri confini altrimenti non si uscirà mai dalla Brianza. È un peccato perché Politecnic­o e Bocconi riescono ad attrarre studenti non solo dai paesi in via di sviluppo ma anche da quelli avanzati. Dare questo messaggio è una scelta di retroguard­ia assoluta. E perché? Per salvaguard­are la rigidità intellettu­ale e la scarsa profession­alità di questi signori? No, grazie».

E adesso cosa succederà? «Bè, non possiamo lasciare gli studenti in balia dell’italiano maccheroni­co di tali figuri, ergo andremo avanti con gli iscritti 2017/18 fino alle lauree magistrali, poi si vedrà, confidando nello sdegno generale per questa sentenza».

 Figuraccia Proprio ora che abbiamo alunni da tutto il mondo...

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Designer L’architetto Piero Lissoni, classe 1956. Tra le altre cose, è membro dell’advisory board del Politecnic­o di Milano

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