Condannato presidente club di calcio
Abusi su minori
Patron di una delle società dilettantistiche di calcio più famose in riva al Po, impegnato nel mondo del volontariato, un passato come consigliere comunale di maggioranza. Logico che il suo caso abbia fatto scalpore. Il gup di Cremona, Letizia Platè, ha condannato Giuseppe Garioni (foto), 56 anni, anima del club Il Torrazzo, funzionario dell’amministrazione provinciale, a quattro anni di reclusione per violenza aggravata su alcuni baby giocatori. Il pm, Carlotta Bernardini, aveva chiesto una pena di 9 anni. Per Garioni sono scattati anche l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, il divieto in perpetuo di ricoprire incarichi in strutture o istituzioni frequentate prevalentemente da minori e il risarcimento danni all’unica vittima costituitasi parte civile: il giudice ha fissato una provvisionale di 10.000 euro, il resto sarà liquidato nel separato giudizio civile. L’imputato si è fatto processare con il rito abbreviato, beneficiando così dello sconto di un terzo sulla pena. Sei gli episodi contestati. È stato riconosciuto colpevole per tre casi di molestia ai danni di altrettanti minori e prosciolto per tre tentativi di abuso. Uno dei principali accusatori, oggi diciottenne, ha raccontato che Garioni, durante lo svolgimento dei compiti pomeridiani a casa sua, lo faceva sedere sulle gambe, lo toccava sino alle cosce e alla zona inguinale, introducendo poi le mani sotto gli indumenti intimi. In un’altra occasione è stato costretto ad abbracciarlo e baciarlo sulla bocca. Altre violenze sono state compiute negli uffici attigui al campo di calcio. L’ex presidente del Torrazzo non era presente in aula alla lettura della sentenza. Nella precedente udienza aveva reso dichiarazioni spontanee proclamandosi innocente e sostenendo che i suoi segni di amicizia e affetto nei confronti dei ragazzini erano stati fraintesi. I difensori avevano sollevato forti dubbi sulle modalità degli interrogatori. Uno dei suo legali, Michele Tolomini, non ha commentato il verdetto. Per Cesare Grazioli, avvocato di parte civile, «in vicende tristi come questa non c’è nulla da festeggiare. Ma è un fatto che la struttura dell’indagine della Procura abbia retto, e in questo tipo di reato non è scontato».