Corriere della Sera (Milano)

Giù dal furgone: un giallo la morte della donna

Una 35enne cadde dal camioncino in movimento e morì: si è lanciata volontaria­mente

- Andrea Galli Gianni Santucci

Svolta nel mistero della donna caduta da un furgone in movimento e poi deceduta. A bordo di quel mezzo, il 22 marzo in via Chiesa Rossa, la 35enne potrebbe aver litigato per l’ennesima volta con il marito (sono entrambi egiziani) che la picchiava da tempo. La donna, per scappare oppure per compiere un gesto estremo, ha aperto il portellone ed è precipitat­a sull’asfalto della periferia di Milano.

Era molto evidente un’ammaccatur­a, sul portellone posteriore del furgone, un vecchio Fiat Scudo mai risistemat­o dopo un tamponamen­to. E dunque s’era pensato a un incidente, nel tardo pomeriggio dello scorso 22 marzo, quando una donna cadde da quel furgone in movimento, un impatto violentiss­imo sull’asfalto, mentre suo marito guidava lungo via Chiesa Rossa. L’ambulanza portò via la donna, egiziana, 35 anni, madre di due figli, in condizioni già gravissime. Qualche giorno dopo, la signora è morta: la sua salma ora è in Egitto, accolta dalla famiglia e sepolta nel cimitero della sua città d’origine. La dinamica dell’«incidente», sin dalle prime ore, era sembrata però anomala ai carabinier­i della Compagnia di Porta Magenta. Che sono partiti dalla prima verifica, quella sul furgone: e hanno accertato che la serratura dello sportello sul retro non è danneggiat­a, quindi l’apertura non può essere stata accidental­e (magari perché, questa era l’ipotesi, la donna dall’interno si era appoggiata). L’inchiesta sulla morte in via Chiesa Rossa, a quel punto, è entrata in una storia sconosciut­a di maltrattam­enti in famiglia.

I carabinier­i della Compagnia, coordinati dal capitano Fabio Manzo e dal tenente Alfonso Sammaria, hanno scoperto che contro il marito della signora c’era una denuncia: la segnalazio­ne era partita dalle maestre della scuola dei figli, che notavano spesso lividi e botte sul volto di quella madre che veniva a prendere i suoi bambini. La donna però, quando venne chiamata dagli investigat­ori per chiarire la vicenda, negò tutto, disse che non c’era nulla di violento nel rapporto con suo marito. Quel precedente rappresent­a oggi l’unica traccia per poter chiarire cosa è accaduto dentro quel Fiat «Scudo» lungo via Chiesa Rossa. Se è certo che il portellone è stato aperto dall’interno, non può che essere stata la donna a farlo, perché il marito, 38 anni, in quel momento era al volante, mentre i due figli piccoli erano sugli altri sedili.

L’ipotesi dunque più probabile è che mentre la famiglia viaggiava in uscita da Milano ci sia stata un’altra lite; la donna soffriva da tempo, viveva in uno stato di prostrazio­ne, non aveva nessuno con cui confidarsi e alla fine è possibile che si sia sentita in una condizione senza uscita. L’apertura di quello sportello potrebbe essere stata un gesto disperato di fronte a una sfuriata del marito, o addirittur­a (forse ancor più probabile) un tentativo di suicidio, comunque una fuga estrema, davanti ai suoi due figli. Cadendo in via Chiesa Rossa la donna aveva battuto la testa e da quel giorno non aveva mai più ripreso conoscenza.

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