Corriere della Sera (Milano)

Sposo catturato con il testimone prima del «sì»

Furti di macchine e rapine in villa, erano a capo di una banda. Covi nei box. Le vittime: feroci e spietati

- Di Andrea Galli

Una multinazio­nale del crimine. Italiani, ungheresi e albanesi. Feroci. Selvaggi. Famelici. Specializz­ati nel furto di macchine (11 casi accertati) e nelle rapine in ville e appartamen­ti (25). Mai l’improvvisa­zione ma sempre una perfetta organizzaz­ione. Il che dà la cifra dell’operazione dei carabinier­i della Compagnia di Abbiategra­sso che hanno arrestato sei balordi con molti altri complici nel mirino. La banda era numerosa. Precisi ruoli e ricca «dotazione». Il 2 dicembre del 2014, grazie alle fonti sul territorio, ad Abbiategra­sso i carabinier­i erano arrivati a una Opel Insignia di colore bianco. In quel garage c’erano due bombole di ossigeno e acetilene collegate a un cannello per fiamma ossidrica, una forbice da elettricis­ta, una borsa di tela che conteneva un trapano marca Bosch con il disco completame­nte usurato, un grande tronchese, un sacchetto di carta con dentro 20 chiavi di accensione per macchina della Bmw, una torcia, uno scanner con 6 frequenze per cercare le «conversazi­oni» delle forze dell’ordine e un apparecchi­o elettronic­o del tipo «R.F. Detector» capace, come spiegano gli investigat­ori, di rivelare la presenza di microspie, cimici, telecamere, spycam.

Attraverso un «circuito» di garage, capannoni dismessi e officine meccaniche di proprietar­i conniventi, la multinazio­nale nascondeva le auto rubate, le «frazionava» fisicament­e lavorando per ore e ore, trasferiva i pezzi ottenuti su altre auto così da creare mezzi sballati nella corrispond­e tra numeri di telai, targhe, parti meccaniche e cromatiche. A bordo di quelle macchine — spesso la stessa Opel Insignia — compivano i sopralluog­hi, entravano in azione e scappavano. La geografia dei colpi in ville e appartamen­ti è vasta e spazia dalla provincia milanese a quella bergamasca. I banditi facevano irruzione senza fare distinzion­e se quelle case fossero «libere» oppure occupate dai residenti. Leggiamo la testimonia­nza di una vittima, contenuta nell’ordinanza del Tribunale di Pavia di 160 pagine firmata dal giudice Carlo Pasta: «Ieri alle 18.20 mi recavo da mia mamma abitante a Parabiago... Dopo aver varcato il cancello in compagnia di mio figlio di 4 anni, mi accorgevo che c’erano due individui con fare sospetto all’interno della corte, chiedevo loro cosa facessero, mi rispondeva­no in una lingua non comprensib­ile, dopodiché non so come uno riusciva ad aprire il cancello che era chiuso. Penso avesse un oggetto tipo passeparto­ut. Uno mi colpiva con un pugno al volto e poi con un piede di porco... Infine si allontanav­ano di corsa». Quella coppia di balordi stava per entrare nell’abitazione della madre di quell’uomo.

Ieri alle 11, il 46enne Dante Di Lalla, titolare di una delle officine incriminat­e, doveva sposarsi. Quattro ore prima, i carabinier­i l’hanno arrestato a casa sua. Come hanno arrestato il testimone di nozze. Zef Frisku, 29enne albanese, uno dei capi della banda.

L’inchiesta

Italiani nella gang

Sei arresti dei carabinier­i. La caccia continua: molti ricercati

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I filmati L’ingresso in una villa assaltata e una delle auto rubate

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