Corriere della Sera (Milano)

Travolto dal crollo nel rogo Pinuccio sognava le nozze Ieri avrebbe comprato casa

Il sindaco di Pieve: merita una medaglia. Funerali a Campobasso

- di Cesare Giuzzi

Sognava di sposarsi con la compagna Amalia, di comprare casa, di iniziare una nuova vita. Pinuccio La Vigna, 48 anni, era un vigile del fuoco volontario. È morto venerdì nel rogo di San Donato. Il ricordo dei colleghi.

Ieri mattina alla caserma del distaccame­nto di Pieve Emanuele è arrivata una mail. Era un collega, come tanti altri chiedeva notizie sul funerale di Pinuccio La Vigna. Ma era un collega speciale, perché è stato lui, cinque anni fa, a convincerl­o ad entrare nel Corpo come volontario. «Sono stati i miei racconti e le nostre chiacchier­ate, a trasmetter­gli la passione per questo lavoro. Non posso mancare».

Pinuccio La Vigna, 49 anni da compiere, era originario di un paesino in provincia di Campobasso. Voleva entrare nella Forestale, poi la vita gli aveva riservato una ben meno avventuros­a scrivania all’Agenzia dell’Entrate di Milano. Ma era stato quell’amico torinese, nel 2013, a spingerlo ad inseguire il suo sogno. Aveva frequentat­o il corso di abilitazio­ne (140 ore), poi La Vigna era diventato un vigile del fuoco del distaccame­nto di Pieve Emanuele, 58 operatori, due donne, tutti volontari. Pinuccio faceva parte del «Turno B»: cinque vigili, un’autopompa.

Venerdì sera, quando è arrivato l’allarme per l’incendio alla «Rykem» di via Marcora a San Donato, nella squadra di Pinuccio c’era anche una donna. Pochi secondi prima del crollo della trave esterna del capannone che lo ha ucciso sul colpo, in quel punto, con una lancia per l’acqua in mano, c’era proprio lei. «Pinuccio le ha dato il cambio, ha preso il suo posto. La squadra si stava avvicinand­o alle fiamme», racconta nella sala riunioni della caserma di Pieve, il comandante regionale Dante Pellicano che da venerdì sera non ha mai lasciato soli i colleghi della vittima. «Purtroppo quando c’è il fuoco bisogna avvicinars­i, non basta buttare litri d’acqua. Devi muoverti verso il fuoco, con cautela. Pinuccio e i colleghi erano ancora sulla soglia del portone. Il capannone non aveva crepe, non aveva rigonfiame­nti, non c’erano pericoli. Però la trave ha ceduto e lo ha schiacciat­o. Lo abbiamo tirato fuori, non c’era niente da fare». Roberto Radaelli è il capo del distaccame­nto di Pieve Emanuele. Anche lui è un volontario: «Qui lo facciamo per passione, i soldi spesso ce li rimettiamo. Anche solo per la spesa per il pranzo, per la benzina. Molti di noi arrivano dalla Brianza: 50 chilometri per venire a lavorare. È la nostra vita, questo mestiere ti entra dentro. Pinuccio era così. Lo faceva per questo».

Un anno fa La Vigna aveva conosciuto Amalia, la donna con la quale ora stava progettand­o il matrimonio. «Oggi alle 14 (sabato, ndr) aveva appuntamen­to per comprare casa, doveva firmare le carte. Era innamorati­ssimo, stava sempre al telefono da quando l’aveva conosciuta...», racconta il collega Gianluca, profession­e biologo. «Pinuccio aveva iniziato il turno alle 20, avrebbe smesso alle 8 del mattino. Una notte intera». Sono le 13, i colleghi sono appena rientrati da un intervento, il tempo di riporre l’attrezzatu­ra e gli occhi che tornano lucidi: «Era un bravo cuoco, cucinava per tutti. Qui siamo una famiglia. Si creano legami fortissimi. Da qualche tempo aveva smesso con aglio e cipolla, era l’influsso positivo della sua compagna», prova a sorridere il collega Vincenzo Lazzara. Lui venerdì sera era lì, davanti al capannone dove è morto Pinuccio. «Chi era a casa, chi era fuori a cena. Tutti hanno chiamato, hanno chiesto se serviva una mano. Molti sono venuti lì, hanno messo la divisa e sono corsi sul posto. Per esserci», racconta il comandante Pellicano. L’ultimo lutto per i pompieri milanesi era stato 13 anni fa, sempre ad aprile. Un vigile del fuoco volontario di Inveruno morto in un incidente. «Cosa si fa quando succede una tragedia del genere? Poche ore dopo qui in caserma c’è stata una riunione. Era notte. Una riunione non organizzat­a, ma per guardarsi negli occhi. I colleghi hanno pianto, poi hanno detto “non possiamo mollare”. Perché questo è il nostro spirito, perché lo sappiamo che può succedere, che il pericolo esiste. Anche noi abbiamo paura, non siamo supereroi. La paura è umana. Ma non possiamo mollare».

Pinuccio, Roberto, Vincenzo, Gianluca, Antonio, Marco, Emanuele, sono tutti dipendenti del ministero dell’Interno «a campana», precari del sistema sicurezza. Hanno tutti un lavoro, una famiglia, un mutuo o un affitto da saldare. Vengono pagati ad intervento, giusto pochi euro che non bastano a rimborsare le spese.

La famiglia di Pinuccio vive a Campobasso, sua madre è scomparsa un anno fa. Il padre e la sorella hanno chiesto che i funerali vengano celebrati in Molise. Il sindaco di Pieve Emanuele, Paolo Festa, ha deciso di sospendere in segno di lutto tutte le iniziative del Comune. Nei prossimi giorni proporrà alla giunta di conferire un’onorificen­za ai vigili del Distaccame­nto. Quella caserma che lui stesso, allora assessore, aveva voluto sul territorio. Anche Festa è un vigile del fuoco, «permanente» in servizio a Linate: «Non è facile scindere il mio lavoro dal mio ruolo di sindaco. Siamo tutti qui per loro, il dolore è immenso. Ma noi non dobbiamo mollare».

Il rogito

«Stava acquistand­o un appartamen­to. Era innamorati­ssimo della sua Amalia»

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In azione Il vigile del fuoco Pinuccio La Vigna era in servizio al distaccame­nto di Pieve Emanuele dal 2013
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