Corriere della Sera (Milano)

Quella mazzetta da 100 mila euro

Seregno, l’inchiesta sulla corruzione in Comune e gli interrogat­ori

- di Federico Berni

Centomila euro consegnati a mano da Massimo Ponzoni, per conto di un imprendito­re calabrese, Antonino Lugarà. È il racconto agli atti dell’inchiesta su corruzione e malaffare a Seregno.

MONZA Centomila euro in contanti consegnati a mano, in Costa Azzurra, da Massimo Ponzoni, per conto di un imprendito­re calabrese, Antonino Lugarà: «Uno che conosceva persone in grado di fare male». Il racconto, circostanz­iato, reso in tre diversi interrogat­ori dello scorso autunno negli uffici della Direzione distrettua­le antimafia, è di L.M., impresario nel ramo della ristorazio­ne e dell’intratteni­mento. Verbali finiti agli atti della prima tranche di inchiesta della procura di Monza su corruzione e malaffare in Comune a Seregno, nella quale i pm brianzoli contestano, tra le varie, anche un’accusa di usura a Lugarà, costruttor­e che la Dda considera personaggi­o contiguo alla ‘ndrangheta, e a Ponzoni, l’ex giovane rampante del Pdl lombardo, già consiglier­e e assessore in Regione tra il 2000 e il 2014 per il Pdl, poi condannato i via definitiva per concussion­e e bancarotta.

Accusato (Ponzoni) di aver fatto da mediatore per l’erogazione di questo prestito finito sotto la lente dei magistrati e di essersi fatto riconoscer­e per questo ruolo una commission­e di 10 mila euro, soldi usati per pagare le spese legali rimaste in sospeso per la sue vicende giudiziari­e. La questione ruota attorno ad un prestito di 100 mila euro che Lugarà, avrebbe concesso nel 2014 all’impresario. L’accordo tra Lugarà e il destinatar­io del denaro prevede la restituzio­ne a breve termine di 130 mila euro. Impegno che il debitore non riesce ad onorare, tanto che si vedrà costretto a cedere due appartamen­ti allo stesso Lugarà per chiudere la vicenda. In questo quadro, Ponzoni sarebbe l’uomo che mette in contatto i due e che materialme­nte consegna i quattrini. Inizialmen­te, davanti gli inquirenti, L.M. cerca di difendere Ponzoni, dicendo che i soldi gli erano stati dati da Lugarà «al Cafè Paris a Montecarlo». Poi, messo alle strette, cambia versione: «Non volevo coinvolger­e Ponzoni perché lo considero un amico — ammette —. Lugarà mi disse che i soldi li aveva lasciati a Ponzoni a Beaulieu (Costa Azzurra, Francia) presso la sua abitazione (…) Massimo sapeva che poi avrei dovuto pagare con gli interessi; ha ottenuto 10 mila euro che ha usato per spese legali arretrate e mi raccomanda­va di chiudere la vicenda con Lugarà».

Ponzoni, anch’egli interrogat­o dai magistrati lo scorso ottobre, non ha fatto menzione di questi rapporti economici tra Lugarà e L.M.. Dopo essere stati entrambi convocati dagli inquirenti nei mesi scorsi, Ponzoni lo avrebbe chiamato, con la precauzion­e di utilizzare i telefoni delle rispettive compagne: «Massimo mi ha domandato se mi avessero chiesto di Montecarlo e di lui; siamo rimasti d’accordo di concordare una versione comune, ma poi non lo abbiamo fatto». L.M, inoltre, specifica di essere intimorito da Lugarà: «Benché non mi abbia mai minacciato, è una persona che mi incute un certo timore, e il suo modo di fare mi fa ritenere che potrebbe rivolgersi a persone in grado di farmi del male. In alcune occasioni, sollecitan­domi il saldo del denaro, ha detto con tono deciso “è una partita che va chiusa, sennò manderò qualcuno a prenderli (i soldi)”».

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Le carte L’autunno scorso L.M., impresario nel settore della ristorazio­ne, è stato interrogat­o negli uffici della Dda per l’inchiesta su corruzione e malaffare a Seregno. Inchiesta che ha azzerato la giunta

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