Quella mazzetta da 100 mila euro
Seregno, l’inchiesta sulla corruzione in Comune e gli interrogatori
Centomila euro consegnati a mano da Massimo Ponzoni, per conto di un imprenditore calabrese, Antonino Lugarà. È il racconto agli atti dell’inchiesta su corruzione e malaffare a Seregno.
MONZA Centomila euro in contanti consegnati a mano, in Costa Azzurra, da Massimo Ponzoni, per conto di un imprenditore calabrese, Antonino Lugarà: «Uno che conosceva persone in grado di fare male». Il racconto, circostanziato, reso in tre diversi interrogatori dello scorso autunno negli uffici della Direzione distrettuale antimafia, è di L.M., impresario nel ramo della ristorazione e dell’intrattenimento. Verbali finiti agli atti della prima tranche di inchiesta della procura di Monza su corruzione e malaffare in Comune a Seregno, nella quale i pm brianzoli contestano, tra le varie, anche un’accusa di usura a Lugarà, costruttore che la Dda considera personaggio contiguo alla ‘ndrangheta, e a Ponzoni, l’ex giovane rampante del Pdl lombardo, già consigliere e assessore in Regione tra il 2000 e il 2014 per il Pdl, poi condannato i via definitiva per concussione e bancarotta.
Accusato (Ponzoni) di aver fatto da mediatore per l’erogazione di questo prestito finito sotto la lente dei magistrati e di essersi fatto riconoscere per questo ruolo una commissione di 10 mila euro, soldi usati per pagare le spese legali rimaste in sospeso per la sue vicende giudiziarie. La questione ruota attorno ad un prestito di 100 mila euro che Lugarà, avrebbe concesso nel 2014 all’impresario. L’accordo tra Lugarà e il destinatario del denaro prevede la restituzione a breve termine di 130 mila euro. Impegno che il debitore non riesce ad onorare, tanto che si vedrà costretto a cedere due appartamenti allo stesso Lugarà per chiudere la vicenda. In questo quadro, Ponzoni sarebbe l’uomo che mette in contatto i due e che materialmente consegna i quattrini. Inizialmente, davanti gli inquirenti, L.M. cerca di difendere Ponzoni, dicendo che i soldi gli erano stati dati da Lugarà «al Cafè Paris a Montecarlo». Poi, messo alle strette, cambia versione: «Non volevo coinvolgere Ponzoni perché lo considero un amico — ammette —. Lugarà mi disse che i soldi li aveva lasciati a Ponzoni a Beaulieu (Costa Azzurra, Francia) presso la sua abitazione (…) Massimo sapeva che poi avrei dovuto pagare con gli interessi; ha ottenuto 10 mila euro che ha usato per spese legali arretrate e mi raccomandava di chiudere la vicenda con Lugarà».
Ponzoni, anch’egli interrogato dai magistrati lo scorso ottobre, non ha fatto menzione di questi rapporti economici tra Lugarà e L.M.. Dopo essere stati entrambi convocati dagli inquirenti nei mesi scorsi, Ponzoni lo avrebbe chiamato, con la precauzione di utilizzare i telefoni delle rispettive compagne: «Massimo mi ha domandato se mi avessero chiesto di Montecarlo e di lui; siamo rimasti d’accordo di concordare una versione comune, ma poi non lo abbiamo fatto». L.M, inoltre, specifica di essere intimorito da Lugarà: «Benché non mi abbia mai minacciato, è una persona che mi incute un certo timore, e il suo modo di fare mi fa ritenere che potrebbe rivolgersi a persone in grado di farmi del male. In alcune occasioni, sollecitandomi il saldo del denaro, ha detto con tono deciso “è una partita che va chiusa, sennò manderò qualcuno a prenderli (i soldi)”».