TECNOPOLO TRA SVOLTA E INCOGNITE
Partiamo dalle buone notizie: con la registrazione alla Corte dei Conti del 21 marzo e la firma del premier Paolo Gentiloni del 27 febbraio scorso sul Dpcm — da notare, dunque, che si è trattato di uno degli ultimissimi atti del governo a pochi giorni dalle elezioni — lo Human Technopole ha il suo statuto. È un atto sostanziale in quanto con lo statuto, pubblicato anche in Gazzetta ufficiale, il polo delle scienze umane voluto fortemente nel 2016 dall’allora premier Matteo Renzi ha ora la sua Fondazione e può considerare conclusa la lunga fase di transizione che finora ha regolato le sue liturgie «fantasma». Il punto di non ritorno è stato oltrepassato. Lo HT è tratto. Lo statuto però (ed è questa se non la cattiva almeno la notizia meno buona), nonostante le novità siano come sempre celate nel linguaggio legal-burocratico, farà discutere. Non foss’altro perché rispetto alle bozze di lavoro precedenti è difficile non notare l’assenza dell’Iit di Genova. L’Istituto diretto da Roberto Cingolani — al quale pure si deve riconoscere come minimo il merito di avere portato il progetto fino a qui insieme al presidente del comitato Stefano Paleari — viene ricordato solo all’articolo 11 laddove si disciplina, in sostanza, il passaggio delle consegne di quanto fatto fino ad ora con una convenzione che dovrà essere stipulata entro due mesi. Veloce ripasso per chi non si era appassionato a tutte le tappe: nel 2016 si viene dal successo internazionale dell’Expo.
E con indubbia capacità visionaria si pensa a come sfruttare l’energia riscoperta da Milano per mettere la città nella mappa della competizione tra grandi metropoli. Il piano ha senso e senza volere rivangare delusioni recenti è chiaro che il tassello sfumato dell’Ema avrebbe fornito ulteriore potenza alla cittadella della biologia. Il modello Iit piace a Renzi ma lascia molti delusi sul campo: l’accademia e i centri di ricerca tradizionali, come il Cnr, si sentono messi da parte. Parte la battaglia che si conclude ora con lo statuto. Il passaggio potrebbe anche contribuire a spiegare un’altra questione spinosa, emersa dopo l’intervista del Corriere Innovazione a Iain Mattaj: quello della nomina-non nomina del direttore scientifico. Mattaj, lo scienziato scozzese che si era candidato, è risultato il nome con i requisiti giusti per la posizione tanto che lo stesso comitato si era espresso pubblicamente sulla sua nomina in pectore. Peraltro lo stesso Mattaj, che nelle scorse settimane è sceso a Milano chiedendo consiglio su dove prendere casa, ma che solo in questi giorni ha ricevuto lo statuto, avrebbe anche ottenuto nella contrattazione quasi il massimo (il tetto è 240 mila euro). Come mai, dunque, pur avendo contrattato e pur avendo accettato l’intervista sullo HT non ha ancora ufficialmente accettato? Tra le condizioni richieste ci sarebbe stata anche la garanzia della presenza dell’Iit per evitare di diventare un direttore di «campanello». A Mattaj, ora, l’arduo responso.