Farmaci, traffico all’ombra dei clan
Spregiudicata speculazione sulle pillole salvavita e antitumorali destinate agli ospedali. Tredici in cella Caiazzo la base: «medicine del combattente» prese a prezzi stracciati e rivendute all’estero
Una farmacia a due passi dalla Centrale comprata con i soldi delle cosche di San Luca. E una serie di società, tutte create per schermare i nomi dei padrini e permettere a Giammassimo Giampaolo, 43 anni, di ottenere le certificazioni e acquistare costosissimi farmaci salvavita e antitumorali per conto di cliniche pubbliche e private a prezzi stracciati, rivenduti (illegalmente) all’estero.
Una farmacia, a due passi dalla Centrale e da corso Buenos Aires, comprata con i soldi delle cosche di San Luca, e già finita al centro di un’indagine dell’Antimafia nel 2016. Un groviglio di matrimoni e parentele quasi inestricabile con nomi pesantissimi della storia della ‘ndrangheta più sanguinaria. Dal capostipite Sebastiano Romeo, detto ‘u Staccu, fino ad Antonio Romeo l’Avvocaticchio, o ancora all’omonimo Centocapelli, per concludere con Giuseppe Calabrò, ’u Dutturicchiu, uno dei più importanti broker della cocaina d’Italia.
E poi una serie di società, tutte create per schermare i nomi dei padrini e permettere a Giammassimo Giampaolo, 43 anni, di ottenere le certificazioni con l’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) e acquistare così costosissimi farmaci salvavita e antitumorali per conto di cliniche pubbliche e private a prezzi stracciati, che venivano poi rivenduti (illegalmente) all’estero. Il tutto con la complicità di procacciatori d’affari, ex dirigenti di case farmaceutiche di primo piano, e perfino di un ex carabiniere del Nas di Milano ora in servizio al Battaglione. Per un giro d’affari vertiginoso: 19,5 milioni di euro in un solo anno.
Chi sostiene che la ‘ndrangheta sia solo un fenomeno di pastori e vecchi padrini non ha idea di come oggi le cosche si muovano a Milano e nel mercato internazionale. Ma l’errore è lo stesso per chi immagina che i clan mafiosi reinvestano i loro miliardi solo attraverso i colletti bianchi. Perché la forza di un clan potentissimo come quello di San Luca (la culla della mafia calabrese) è proprio questa: la capacità di mischiare regole arcaiche e l’immenso passepartout offerto dai soldi. Soprattutto a Milano. Anche se nell’inchiesta «Contramal» (dal nome dell’antidolorifico noto come la droga dei combattenti) che ieri ha portato a 13 arresti (uno ai domiciliari) eseguiti dai Nas per associazione finalizzata al traffico di farmaci, truffa e riciclaggio, ufficialmente non si parla di associazione mafiosa.
Ma i nomi sono sempre gli stessi. Quelli già emersi al tempo dell’arresto dell’ex direttore delle Poste di Siderno, Giuseppe Strangio (ora sotto processo) con l’accusa di aver investito nell’acquisto della farmacia Caiazzo (nell’omonima piazza) oltre 200 mila euro provenienti dalle famiglie Romeo e Marando. Stavolta tra gli arrestati su ordine del gip Manuela Cannavale, ci sono anche il dottor Giammassimo Giampaolo, il titolare della farmacia, suo fratello Domenico, 48 anni, (legati ai Romeo) e il 33enne Sebastiano Calabrò, figlio proprio del trafficante ‘u Dutturicchiu, e dipendente della farmacia. Domenico Giampaolo e Calabrò hanno entrambi precedenti e, come annota il gip nelle 52 pagine di misura cautelare, nonostante siano pregiudicati per traffico di droga si occupavano dell’acquisto di medicinali con tutte le principali case farmaceutiche. Un quadro che conferma l’allarme lanciato due anni fa dall’allora capo della Dda Ilda Boccassini che aveva parlato di un interesse delle cosche per il settore farmaceutico. Un business che, come confermato dalle indagini coordinate dall’aggiunto Laura Pedio e dal sostituto David Monti, insieme ai carabinieri del Gruppo per la tutela della salute guidati da Alessio Carparelli e Salvatore Pignatelli, si è dimostrato incredibilmente permeabile e privo dei neces- sari controlli di tracciabilità.
In sostanza, il gruppo guidato da Giampaolo, attraverso la farmacia Caiazzo (rinominata farmacia Fiduciaria dopo l’uscita sulla stampa di alcuni articoli su mafia e farmacie) aveva creato un deposito per la vendita e la distribuzione all’ingrosso di medicinali. Grazie anche ai consulenti-factotum Marc0 Marzorati, 58 anni, e Giulio Forte, 40enne ex carabiniere dei Nas, la società aveva ottenuto l’accreditamento con l’Aiop per gli approvvigionamenti di farmaci per ospedali e case di cura. In questo modo i medicinali venivano comprati a quasi un terzo del valore e poi rivenduti all’estero (Egitto e Asia) attraverso intermediari stranieri, spesso semplici fruttivendoli e commercianti. Un esempio? Il farmaco antitumorale Faslodex veniva comprato a 800 euro anziché al prezzo di 1.320 euro a confezione. Un business da 20 milioni di euro l’anno. Soldi che Giampaolo «stava reinvestendo nell’acquisto di altre farmacie in Lombardia e di appartamenti in corso Buenos Aires per 3 milioni di euro».
L’organizzazione
Il capo della banda era Giammassimo Giampaolo, legato ai Romeo di San Luca