False accuse Agente assolto
Assoluzione piena per il 33enne: «Era altrove». Il giudice: approfondire come mai è stato indagato
L’accusavano di una montagna di «accessi abusivi a sistemi informatici», reato parecchio antipatico per chi di mestiere fa il poliziotto e si vede imputare di aver interrogato i terminali di polizia per interessi propri. Peccato che, nei giorni di quegli asseriti accessi abusivi, neppure fosse in ufficio al computer: al punto che la giudice Elisabetta Meyer non solo lo ha assolto con formula piena, ma ha anche disposto che la Procura «approfondisca il contesto» nel quale sono maturate queste false accuse.
Il poliziotto, 33 anni, all’epoca in servizio a Luino, era finito in tribunale sulla base di una comunicazione di notizia di reato che gli addebitava addirittura «498 interrogazioni generiche» della banca dati «non attinenti all’attività di polizia giudiziaria di volta in volta a lui demandata».
Ma l’imputato, quando arriva di fronte al giudice in udienza preliminare, produce «gli ordini di servizio del settore di Polizia di frontiera neppure presi in considerazione — sottolinea severa la giudice nella motivazione della sentenza — nella redazione della comunicazione di notizia di reato che ha dato origine al procedimento».
Da queste banali carte risulta l’impossibilità che, nei giorni dei maggiori accessi abusivi al computer effettuati con la sua password dalla sua postazione, l’autore potesse essere davvero il poliziotto. Il 16 settembre 2014, ad esempio, «è risultato che dalle 4.40 alle 21 l’imputato è stato impegnato in un servizio fuori sede, “perquisizione a Magenta più arresto”, il che esclude l’anomalia dell’interrogazione».
Ancora più surreale l’impossibilità materiale degli accessi abusivi del giugno 2015, visto che il poliziotto «era in congedo straordinario matrimoniale dall’1 al 19 giugno», dunque anche il 13, giorno di particolare rilevanza nella prospettazione delle contestazioni.
Quanto alle interrogazioni del 2 ottobre 2014 su una sfilza di targhe di auto romene, un collega dell’imputato ha confermato al giudice la spiegazione che il poliziotto aveva già dato, e cioè l’aver cercato le esatte generalità di un cittadino romeno che aveva incontrato per caso a Varese e che aveva già incrociato a Genova nell’ambiente dei frequentatori dei night.
C’è dunque qualcuno che, sul luogo di lavoro dell’imputato, e quindi poliziotto come lui, gli ha rubato l’identità e ha fabbricato gli accessi abusivi per farli figurare compiuti da lui? Per ora restano due fatti. Il primo è che il pm stesso, Francesco Cajani, ha chiesto l’assoluzione del poliziotto. Il secondo è che la giudice Meyer, nell’assolverlo «per non aver commesso il fatto», ha anche «ritenuto che si debba approfondire il contesto nel quale hanno tratto origine i fatti di questo procedimento», e ha perciò «trasmesso al pm», come da sua richiesta, «la copia degli atti».
Le 498 intrusioni contestate Tante erano le «interrogazioni generiche» alla banca dati «non attinenti all’attività di polizia giudiziaria a lui demandata»