La biblioteca dei volontari
MUSOCCO, APERTA FINO ALLE 24 NELLA SCUOLA DI PERIFERIA
Immaginare la lettura come fattore di rilancio di un quartiere. Nasce a Musocco il progetto sperimentale di una biblioteca, aperta a tutti fino a mezzanotte, ricavata all’interno di una scuola degradata.
Una strada desolata, a Musocco, vicino a Quarto Oggiaro. Appena prima del cavalcavia, la scuola primaria e media di via Sapri: un edificio degradato, grigio, fatiscente. Dentro, però, succede il miracolo. Il preside Angelo Lucio Rossi, insieme con una squadra ricercatori del Politecnico, agli studenti e a due falegnami, ha allestito con materiale di recupero, in un grande magazzino che era inutilizzato, una biblioteca. E in un progetto sperimentale, per ora unico a Milano, l’ha aperta aa tutto quartiere, in una zona dove si vuole rilanciare l’abitudine a leggere.
«Tutto è cominciato da un incontro casuale, con un pensionato che voleva disfarsi di cinquemila libri. Non sapeva dove metterli — racconta il dirigente scolastico —. Mi sono luccicati gli occhi, mi sono dato da fare, ho chiesto in giro. Alle associazioni, a chiunque mi potesse aiutare a creare un ambiente adatto ad accoglierli». Si è interessato il gruppo di studiosi del progetto «Catullo va in città» del Politecnico ed è arrivato un contributo di Fondazione Cariplo. Piano piano anche altri residenti hanno donato libri, in tantissime lingue diverse. «È un modo per avvicinare e fare convergere l’utenza variegata di questa zona, con alunni di quindici Paesi diversi». Pensionati, ex insegnanti ed ex alunni si danno i turni per organizzare eventi che invoglino la gente a entrare, a dare un occhiata. Un certo via vai comincia a esserci. «Qualcosa si muove», continua il preside, che gestisce — tra Musocco, Gallaratese e Villapizzone — otto plessi, e sta per replicare l’iniziativa anche in via De Rossi.
La scuola, con questa ventata di entusiasmo, adesso resta aperta tutti i giorni fino a mezzanotte, e fino a quell’ora è accessibile anche la palestra, grazie ai genitori che fanno da guardiani. «L’ex assessore Chiara Bisconti aveva promosso con forza il progetto delle scuole aperte, il Comune contribuisce con l’illuminazione e l’acqua ma l’istituto deve pensare alla sicurezza, specie in una zona non facile come questa», spiega Rossi. Anche le aziende iniziano ad aiutare: un concessionario di via Gallarate si è offerto di allestire alcune «aule» didattiche in giardino, e in divenire è il contatto con il Garage di Lapo Elkann, sempre
Spazio sociale in zona, per possibili convenzioni.
Gruppi di anziani hanno preparato poi una mostra sulla prima guerra mondiale. La scuola insomma — così come dovrebbe essere ovunque — è diventata per il quartiere un polo d’attrazione trasversale, un punto di riferimento. Ogni giovedì ci sono incontri con autori e case editrici, «pian piano la potenza delle parole scritte fa breccia»
Accanto alla biblioteca, sempre utilizzando materiale di riciclo, è stato ricavato un anfiteatro «tutto di colore rosso, come la passione». Lì si esercita il neonato coro e l’orchestra Otto note del quartiere, con la Banda degli ottoni che viene ad insegnare vari strumenti a fiato grazie all’iniziativa «Palestra di musica popolare». Ancora, c’è un forno per la lavorazione della creta, e il centro gestito da Save the Children, per integrare
Il preside
«Tutto è cominciato per caso, quando un pensionato voleva disfarsi di 5 mila libri»
ragazzini che rischiano la dispersione scolastica. Il Comune, da parte sua, promuove il Patto educativo, per favorire la rete tra le scuole del quartiere e le realtà più vitali sul territorio.
«La cultura inizia a fare da collante — sintetizza Alessandra Marsiglia, ricercatrice del Politecnico —. Abbiamo subito capito le potenzialità di questa scuola e del tessuto connettivo sottostante, bisognava solo attivarlo». L’orgoglio, adesso, è tutto degli studenti. Anche il nome della via dove si trova scuola, Sapri, è diventato per loro significativo, dopo aver letto insieme un libro sulla disfatta di Pisacane nel paese del Cilento: «La sua è stata una missione difficile, in qualche modo eroica — scherza il preside —. Come la nostra, che però finirà molto bene».