«Aiutare gli altri fa bene»
Paolo Mereghetti incontra oggi all’Anteo la coppia Guédiguian-Ascaride «Il nostro nuovo film “La Villa” dimostra che la bontà è emozionante»
Coppia di culto, Robert Guédiguian, regista, e Ariane Ascaride, moglie, attrice in 19 dei suoi 20 film, con una carriera di 72 interpretazioni, l’ultima come protagonista assoluta sotto la guida del milanese Mirko Locatelli per «Il rumore del sole», giallo ambientato a Trieste che vedremo a fine anno. Nell’anteprima di «La Villa», che sarà presentata oggi all’Anteo, c’è una curiosità: Ascaride interpreta un’attrice di teatro, ago della bilancia nei 107 minuti di emozioni che incorniciano la vicenda di una famiglia, due fratelli e una sorella, insieme nella casa paterna a causa di un ictus del genitore. Il personaggio di Ariane, Angèle, viene subito salutata al suo arrivo a Mejean da un «la immaginavo più alta, perché gli attori fanno sempre questo effetto». «Sono solamente una donna che fa l’attrice e non sono neanche alta», spiega Ariane. «Diciamo che lo spettatore ci vede così anche perché sta seduto e quindi è un gioco di prospettiva. Noi attori, semplicemente, guardiamo la vita in modo diverso, non certo dall’alto in basso. Osserviamo — io lo faccio sempre — chi sta intorno perché sono gli altri a dirci come dare autenticità ai personaggi da interpretare».
E gli «altri» nel film «La casa sul mare» hanno un peso enorme, sia gli adulti che i bambini, immigrati da aiutare. «Per me e per Robert (Guediguian) gli altri sono un regalo. Nella storia si sottolinea come sia molto semplice occuparsi dei propri simili. Guardare chi ci sta vicino, sapere di poterlo aiutare è un’emozione per tutti e che tutti facilmente potrebbero provare. Cercare di essere più buoni dovrebbe essere un comandamento al di là di ogni credo religioso, proprio come cerchiamo di fare nel film io e i miei due fratelli, interpretati da Meylan e Darroussin».
A proposito di Gérard Meylan e Jean-Pierre Darroussin, attori feticcio del cinema di Guédiguian, anche questa volta appaiono insieme, e addirittura li si rivede giovanissimi nella bella sequenza della corsa sulla Citroen con colonna sonora di Bob Dylan, recuperata da «Ki Lo Sa?» del 1986. «È un ritorno al passato che ha una risposta duplice», continua Ariane Ascaride: «da un lato cantare “I Want You” del poeta Dylan significa pensare alla giovinezza, nostra e non solo, un modo per ricordare come si guardava diversamente il mondo. Dall’altro si vuole ribadire che quella è ormai storia anche se fatta di note e parole».
Nuovo invece il confronto fra l’interprete e il giovane pescatore Benjamin, Robinson Stévenin, che adora il teatro, la adora come attrice e come donna, benché lei gli dica per ben tre volte che, data l’età, potrebbe essere sua madre. Una relazione decisamente insolita... «Angèle è una donna che non si aspetta più niente dalla vita, poi il contatto con i fratelli, coloro cioè che in una famiglia ti conoscono meglio, le fanno capire che può ancora vivere, e Benjamin porta avanti questa progressione. E poi non è possibile non emozionarsi di fronte a un pescatore che sa Claudel a memoria».