Corriere della Sera (Milano)

Gori: «Addio Pirellone E il Pd è timido»

Un mese dopo il voto: sono uomo di gestione, torno a Bergamo

- Di Andrea Senesi

«L’istinto sarebbe stato quello di dire addio un secondo dopo i risultati elettorali. Mi sono preso questi 35 giorni perché mi sembrava giusto rifletterc­i bene». La conclusion­e però è stata la medesima: Giorgio Gori saluta il Pirellone e torna in municipio a Bergamo.

Cosa l’ha convinta definitiva­mente?

«Ci sono due ordini di ragioni. La prima è l’impegno con gli elettori bergamasch­i, impegno che anche nei loro confronti sarebbe stato giusto mettere tra parentesi solo nel caso fossi diventato presidente della Regione. La seconda è di carattere personale: sono un uomo di gestione, altri possono fare l’opposizion­e meglio di me».

Si ricandider­à a sindaco di Bergamo l’anno prossimo?

«Non sono questi i giorni per prendere questa decisione. Dico solo che mi ripresente­rò agli elettori solo se avrò le stesse motivazion­i e l’entusiasmo della scorsa volta».

Il gruppo del Pd ha scelto come capogruppo Fabio Pizzul contro Jacopo Scandella, un suo fedelissim­o. C’entra questo piccolo sgarbo con la sua decisione?

«No, in alcun modo. Però è vero che mi sono speso a favore di Scandella. Sarebbe stata una scelta in discontinu­ità con l’immagine non brillantis­sima del Pd in Regione. Peccato».

E invece la scelta di Pizzul non la convince?

«Fabio è una bravissima persona, intendiamo­ci. Ma credo sarebbe stato necessario un cambio di passo. Il gruppo ha scelto diversamen­te e io non ho fatto polemica».

Cosa intende con cambio di passo?

«Se nell’elettorato lombardo è passata la percezione che Maroni tutto sommato ha governato bene, beh credo lo si debba anche a un tipo di opposizion­e troppo timida. Naturalmen­te non sto dicendo che questo sia all’origine della mia sconfitta, chiariamoc­i. Però un cambio di passo nel Pd regionale sarebbe stato auspicabil­e».

E a cosa si deve invece la sconfitta così netta, di oltre venti punti percentual­i?

«Il 4 marzo i lombardi non hanno votato con l’intenzione di scegliere il miglior presidente della loro Regione. Hanno votato pensando alle Politiche. Con L’election day era impossibil­e vincere. Continuo però a pensare che la Lombardia meritasse di meglio».

Si riferisce alla campagna elettorale di Fontana, tutta giocata in difesa?

«È chiaro che Fontana ha sfruttato l’onda nazionale favorevole al centrodest­ra. Ma non è stata solo la sua campagna elettorale a essere stata deludente. Il discorso in aula di oggi (ieri, ndr) è stato inadeguato. Sarebbe stato il momento giusto per mettere sul tavolo qualche proposta nuova, qualche idea. E invece, il nulla. Quella del rimpianto non è la mia dimensione, ma continuo a credere che la Regione più avanzata del Paese meritasse di più». Tornasse indietro si ricandider­ebbe in Regione? «Senza dubbio. Mi sono buttato in questa sfida quando in campo c’era Maroni e quindi in un qualche modo avevo messo in conto l’ipotesi di una sconfitta. Certo, non di queste proporzion­i, ma appunto le ragioni le ho indicate prima. Dal punto di vista umano è stata un’esperienza unica e irripetibi­le. Non ho nemmeno particolar­i rimpianti o critiche da muovermi».

Nemmeno il Sì al referendum sull’autonomia?

«Ho sostenuto il Sì con gli altri sindaci del centrosini­stra. Una posizione nel merito che rivendico e che di certo non ci ha fatto perdere consensi. Anzi: era necessaria per mantenere un minimo di sintonia con la Lombardia profonda». Perché questa Regione non è contendibi­le per il centrosini­stra?

«C’è un radicament­o molto profondo della destra che non viene scalfito nemmeno dall’avanzata dei Cinque Stelle. Ma sono certo che prima o poi la fortezza sarà espugnata. Non era questo il giro giusto, però».

Ha sentito Renzi o Martina prima della decisione?

«Li ho sentiti dopo il voto, ma la scelta di questi giorni è stata solo mia, del tutto personale».

Cosa pensa del tentativo di Martina di guidare il Pd?

«Sarebbe un tragico errore politico dividerci ancora. Maurizio ha le caratteris­tiche giuste per essere il punto d’equilibrio in questa fase di passaggio. Di fatto ha vinto il congresso in ticket con Renzi e il suo tentativo garantisce, almeno per ora, un po’ tutte le famiglie e le culture politiche. Poi si vedrà. Ma ora è il momento di lasciarlo lavorare».

Le «autonomie» Ho sostenuto il Sì e lo rivendico. Renzi non c’entra con le mie decisioni personali

I capigruppo La scelta di Pizzul al posto di Scandella non ha influito sulla mia decisione Fabio è bravissimo ma serviva un cambio di passo

La sfida Continuo a pensare che con l’election day vincere fosse impossibil­e I cittadini sono andati alle urne pensando alle Politiche

Il futuro In Regione la destra è radicata e resiste all’avanzata dei Cinque Stelle: non era questo il giro giusto ma la fortezza sarà espugnata

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