Corriere della Sera (Milano)

UNA PIZZA CONTRO LA MAFIA

- Di Giampiero Rossi

C’è voluto del tempo, ma alla fine l’ex pizzeria «Wall Street» di Lecco è rinata come ristorante «Fiore». Non soltanto non è più la base di un clan mafioso, ma un punto di riferiment­o per la società civile. Dove un tempo si progettava­no estorsioni e omicidi oggi i giovani trovano opportunit­à di inclusione sociale. Non è solo una «bella storia»: è un passaggio importante di quella che viene definita — spesso con toni evanescent­i — lotta alle mafie. Perché anche qui al Nord, dove i clan sono ormai di casa, certe conquiste simboliche hanno un valore enorme. Issare la bandiera della civiltà dove prima spadronegg­iava un boss è un segnale chiaro a chi, per pavidità o interesse, ha ritenuto in precedenza di non ostacolare o addirittur­a di collaborar­e ai traffici delle cosche. I mafiosi hanno bisogno di mostrare che nel loro territorio sono in grado di comandare e lo fanno attraverso gesti e luoghi simbolo. Per questo non è un dettaglio se un immobile sottratto a loro diventa un luogo pubblico, come ricorda in questi giorni il Festival dei beni confiscati. E per questo è importante, per esempio, la scelta del sindaco di Buccinasco, Rino Pruiti, di convocare una riunione di giunta nella parte di casa tolta ai Papalia, famiglia storica della ‘ndrangheta trapiantat­a nell’hinterland milanese. Al contrario di quanto si ostina ad affermare qualcuno, la lotta alla mafia, alle sue radici territoria­li, passa proprio da questi gesti. E non può essere delegata solo a magistrati e poliziotti.

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