UNA PIZZA CONTRO LA MAFIA
C’è voluto del tempo, ma alla fine l’ex pizzeria «Wall Street» di Lecco è rinata come ristorante «Fiore». Non soltanto non è più la base di un clan mafioso, ma un punto di riferimento per la società civile. Dove un tempo si progettavano estorsioni e omicidi oggi i giovani trovano opportunità di inclusione sociale. Non è solo una «bella storia»: è un passaggio importante di quella che viene definita — spesso con toni evanescenti — lotta alle mafie. Perché anche qui al Nord, dove i clan sono ormai di casa, certe conquiste simboliche hanno un valore enorme. Issare la bandiera della civiltà dove prima spadroneggiava un boss è un segnale chiaro a chi, per pavidità o interesse, ha ritenuto in precedenza di non ostacolare o addirittura di collaborare ai traffici delle cosche. I mafiosi hanno bisogno di mostrare che nel loro territorio sono in grado di comandare e lo fanno attraverso gesti e luoghi simbolo. Per questo non è un dettaglio se un immobile sottratto a loro diventa un luogo pubblico, come ricorda in questi giorni il Festival dei beni confiscati. E per questo è importante, per esempio, la scelta del sindaco di Buccinasco, Rino Pruiti, di convocare una riunione di giunta nella parte di casa tolta ai Papalia, famiglia storica della ‘ndrangheta trapiantata nell’hinterland milanese. Al contrario di quanto si ostina ad affermare qualcuno, la lotta alla mafia, alle sue radici territoriali, passa proprio da questi gesti. E non può essere delegata solo a magistrati e poliziotti.