Una gara anche per il Barrio’s
Il Comune: ce lo impone la legge, ma salvaguardiamo la funzione sociale degli spazi
A nche l’immobile che ospita il Barrio’s, centro di aggregazione giovanile fondato da don Gino Rigoldi, va a gara. Il Comune ha stilato le linee guida per il bando che aprirà entro l’estate.
Anche l’immobile che ospita il Barrio’s, il centro di aggregazione giovanile fondato nel 1997 alla Barona da don Gino Rigoldi, va a gara. Palazzo Marino ha stilato le linee guida per il bando che aprirà entro l’estate. Il valore della concessione è stimato in 3 milioni di euro. Vista la preminente funzione sociale svolta dal centro di don Rigoldi, Palazzo Marino ha individuato dei criteri, che pur sottostando all’offerta economicamente più vantaggiosa, privilegiano il progetto (fino a un massimo di 80 punti) rispetto all’elemento prezzo (a cui saranno attribuiti un massimo di 20 punti). Seguono una lunga serie di indicazioni sulle finalità perseguite dal Comune per la concessione dello spazio: «Offrire uno spazio aggregativo e sociale in un contesto periferico che svolga una funzione preventiva del disagio... fondato sulla tessitura di relazioni con il territorio... che eroghi servizi d’inclusione sociale... ecc.».
Don Gino si dice tranquillo: «Parteciperemo al bando. Non siamo particolarmente preoccupati perché non vedo in giro tanti che hanno un’esperienza specifica come la nostra. Comunque abbiamo scritto un volume di cento pagine con tutto quello che abbiamo fatto in questi anni». La domanda resta: perché si deve mettere a rischio con un bando di gara un’attività meritoria come quella svolta da Comunità Nuova per il recupero dei ragazzi? La risposta è semplice. Perché la legge impedisce al Comune di poter far ricorso al comodato d’uso come in passato. Questione di trasparenza, di rispetto del mercato, di valorizzazione del proprio patrimonio.
«Dobbiamo rispettare le regole e mi auguro che questa situazione non penalizzi chi fa del bene alla nostra città — dice l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino —. Lì si farà un progetto sociale e la vocazione sociale è garantita. Certo potrà esserci l’associazione x o y che alza la mano e partecipa al bando. È corretto. In assoluto spero, però, che le nuove regole non penalizzino chi ha fatto bene per tanti anni il suo lavoro». Resta il problema: «C’è una piega complessiva che a forza di togliere discrezionalità agli enti locali — dice Majorino — crea un quadro asettico che snatura quello che dovrebbe essere il compito di un Comune». Ossia la possibilità di scegliere direttamente, senza passare per l’alea di una gara, chi ha operato per il bene della città e continua a fare un lavoro di supplenza rispetto al pubblico. Palazzo Marino si deve muovere in questo spazio stretto. Da una parte indire la gara, dall’altra evitare che una realtà come quella di don Gino possa sparire dal panorama cittadino.
Ecco allora la delibera che se da una parte inserisce la struttura di piazza Donna Partigiane tra quelle a rilevanza economica per la presenza di una sala per un cineteatro e di uno spazio commerciale che «ha capacità di produrre utili», dall’altra individua una serie di criteri puntuali che restringono il campo dei partecipanti. Con una ulteriore precisazione: «L’amministrazione ha facoltà di procedere
Le regole Niente comodato d’uso Il prete in prima linea: un libro di cento pagine con le nostre opere
all’aggiudicazione anche in caso di presentazione di una sola offerta valida, purché questa sia in grado di soddisfare le esigenze dell’amministrazione comunale».
«La politica dei comodati d’uso non si può più fare — spiega l’assessore al Demanio, Roberto Tasca —. C’è una questione di trasparenza e una costante vigilanza da parte dell’Anac (l’autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, ndr) per cui dobbiamo utilizzare necessariamente strumenti di rilevanza pubblica. In questo caso non facciamo una valorizzazione di natura economica, ma sociale. Riconosciamo la finalità sociale di chi opera spesso in supplenza del pubblico e stiamo cercando di mediare con il buon senso tra diverse esigenze, non ultima quella della trasparenza da parte delle associazioni che lavorano nel non profit».