Sempre connessi nella «metrobolgia»
Teste chine sui tablet, occhi sull’iphone, qualcuno esce dal vagone, altri entrano e appena trovato il proprio sms, mail, social, twitter, messanger diventano gli unici interlocutori. È ciò che accade ogni giorno sui mezzi pubblici delle nostre città e per riflettere su questi meccanismi il Teatro Officina propone «Metrobolgia - Il metrò milanese nell’epoca degli smartphone». Uno spettacolo senza parole, fatto di azioni, gesti, sguardi e occhi che non vedono, un lavoro sull’incomunicabilità agito da una quindicina di persone tra attori e giovani abitanti del quartiere per la regia di Massimo de Vita (stasera e domani via Sant’Elembardo 2, ore 21, offerta libera con tessera associativa gratuita). «È uno spettacolo in divenire», afferma Daniela Airoldi Bianchi, anima della compagnia. «Ognuno di noi ha portato il suo pensiero riflettendo sui propri comportamenti, non solo siamo sempre più connessi e sempre più soli, ma pensiamo anche di essere al centro del mondo, in verità ci rifugiamo dietro quello schermo per non vedere la realtà. È emblematico quell’uomo che s’incontra spesso sul metrò con un bicchiere di plastica tenuto tra i due moncherini: non chiede più l’elemosina, esibisce solo il suo corpo, sa già che è inutile parlare, basta un telefonino a renderlo invisibile».