Corriere della Sera (Milano)

Caso Mormile, depistaggi silenzi e uno strano suicidio

I buchi nelle indagini su mafia e Servizi

- di Cesare Giuzzi

Legami tra boss e uomini dei servizi segreti. Inchieste rimaste senza verità e dichiarazi­oni dei pentiti. Trasferime­nti di detenuti e di agenti dopo il delitto e un misterioso suicidio, quello della compagna Armida Miserere. Sono molti i misteri dietro al delitto dell’educatore del carcere di Opera Umberto Mormile. Dopo 28 anni i familiari chiedono nuove indagini. E al centro ci sono i rapporti tra ‘ndrangheta e 007.

Il pericolo, guardando la quantità di misteri, complicità, omissioni, o di semplici coincidenz­e, è quello di lasciarsi contagiare dal peggiore dei morbi italiani, quello del complottis­mo. Un deriva che, immancabil­mente, finisce non per diradare le nebbie ma per aggiungern­e altre e ancora più impenetrab­ili. Eppure, anche mantenendo la più asettica equidistan­za, e nonostante una sentenza definitiva che ha condannato i due killer, la vicenda dell’omicidio di Umberto Mormile, educatore del carcere di Opera ucciso l’11 aprile del ’90, resta ancora troppo ricca di domande e avara di risposte. Come se, anzi, il tempo trascorso, e l’emersione di inchieste come quella sulla Trattativa Stato-mafia e sul Protocollo Farfalla, abbiano in qualche modo amplificat­o la portata di quelle che per tanti anni sono sembrate semplici casualità, fino a farle diventare sospetti, se non addirittur­a prove, che dietro all’agguato si nascondano davvero ombre che dalla ’ndrangheta e passando attraverso i servizi segreti arrivano alle più importanti istituzion­i del Paese.

La versione ufficiale L’elenco dei misteri è fitto. E sarà alla base della richiesta di riapertura delle indagini che verrà presentata nei prossimi giorni dal fratello della vittima, Stefano Mormile, insieme all’avvocato Fabio Repici. L’obiettivo è quello di trovare i «mandanti occulti» del delitto, ma anche restituire la verità (e la dignità) alla figura dell’educatore. Tanto che i suoi familiari, insieme a David Gentili, chiederann­o che il nome di Mormile e della compagna Armida Miserere venga inserito tra le vittime innocenti di mafia.

Per la giustizia, con sentenza passata in giudicato, Umberto Mormile è stato ucciso dai due killer Antonio Schettini e Nino Cuzzola. Erano loro a bordo della moto che affiancò la sua Alfa 33 . Le indagini furono avviate dal pm di Lodi Carlo Cardi. Il magistrato però non otterrà mai grande collaboraz­ione dai vertici dell’amministra­zione penitenzia­ria né — come denunciano i familiari — dall’allora direttore del nuovo carcere di Opera Aldo Fabozzi. La soluzione al delitto arriva quasi per caso, con l’operazione «Atto Finale» nei primi anni Duemila condotta dal pm Alberto Nobili. Decisiva è la collaboraz­ione di Schettini, killer del clan Trovato, che confessa 59 omicidi. Dice di aver ricevuto l’ordine di uccidere l’educatore dai fratelli Papalia. Mormile, secondo le sue parole, avrebbe ricevuto 30 milioni di lire per redigere una relazione «positiva» nei confronti del detenuto ergastolan­o Domenico Papalia, in vista della concession­e di alcuni permessi premio. Poi, però, non avrebbe rispettato i patti, arrivando anche a restituire quei soldi. Il ruolo di Micu Papalia Per questo il fratello Antonio Papalia, all’epoca libero, decise di organizzar­e il delitto. Schettini è stato condannato in abbreviato a 14 anni, ma clamorosam­ente al processo (ordinario) contro i Papalia si avvarrà della facoltà di non rispondere. A quel punto sarà Nino Cuzzola (in appello) a parlare e Antonio Papalia sarà condannato all’ergastolo. Cuzzola sostiene che l’educatore venne ucciso, in realtà, perché aveva scoperto che Domenico Papalia aveva rapporti in carcere con uomini dei servizi segreti (e che gli stessi 007 «beneficiar­ono» del delitto). Una situazione che andava avanti fino dalla sua detenzione a Parma, dove anche Mormile aveva lavorato. Un’inchiesta svelerà, infatti, che in quel periodo nel penitenzia­rio esisteva un patto tra la direzione e alcuni detenuti per la gestione dei permessi. Ma chi è Domenico Papalia? Oggi 73enne, detenuto in Sardegna, Micu è uno dei capi più importanti della ’ndrangheta. È in cella dal ’77 per l’omicidio D’Agostino, accusa dalla quale di recente è stato assolto, e per altre condanne. Dei suoi «legami» con gli 007 parlano vari pentiti. Ma saranno molte le personalit­à, compreso il giudice Imposimato, a chiedere la grazia per lui al Capo dello Stato negli ultimi 20 anni. L’ultima è del 4 aprile e pubblicata dal Dubbio. Lo farà, addirittur­a, il pentito Nino Gioè nella lettera-testamento lasciata prima del suicidio in cella nel ’93. Ma perché tanto interesse per Papalia? Nessuno lo capisce, ed è curioso visto che è ancora considerat­o dall’Antimafia al vertice della ’ndrangheta.

La Falange armata

Il delitto Mormile sarà il primo rivendicat­o dalla misteriosa sigla «Falange Armata». Un gruppo che comparirà anche in attentati mafiosi e nei delitti della Uno bianca. Secondo le dichiarazi­oni del pentito Vittorio Foschini, rilasciate di recente ai magistrati calabresi, a suggerire quella rivendicaz­ione erano stati agenti del Sisde. E a fare quella telefonata furono uomini dei Papalia. Oggi Rocco Papalia, fratello di Domenico e Antonio, è stato scarcerato e vive a Buccinasco. Non è chiaro se qualcuno la abbia mai interrogat­o per scoprire quel che sa sul delitto.

Nel ’90, dopo l’omicidio, da Opera vennero trasferiti detenuti e anche diversi agenti. Per i familiari di Mormile si trattò di «movimenti anomali e inconsueti». Oggi con la scoperta del «Protocollo Farfalla», sappiamo che Dap e Sisde avevano un accordo (illegale) per interrogat­ori segreti ai detenuti di massima sicurezza. Altro mistero è legato al mondo delle carceri è il suicidio nel 2003 di Armida Miserere, direttrice del carcere di Sulmona ed ex compagna di Mormile. Per la famiglia ci sarebbero moltissime anomalie nella scena del suicidio, alcune clamorose. Come l’errore nel numero di telefono del fratello indicato nella sua lettera d’addio.

L’istanza

I familiari sospettano che Mormile sia stato ucciso in un patto tra boss e Servizi segreti

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Sul «Corriere» L’articolo uscito ieri
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A sinistra, Armida Miserere, compagna di Mormile, morta suicida. A destra, Stefano, il fratello della vittima
La denuncia A sinistra, Armida Miserere, compagna di Mormile, morta suicida. A destra, Stefano, il fratello della vittima

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