«Io, innamorata, alla prova magica del Vespro»
L’esecuzione del capolavoro affidata a L’Arpeggiata. Pluhar: un mondo fra le note
Cambiano titoli e temi, si alternano brani ed esecutori, ma mai il festival rinuncia al massimo capolavoro composto da Monteverdi: il «Vespro della Beata Vergine» è momento cardinale e irrinunciabile di ogni edizione della rassegna.
Quest’anno a portarlo il 12 maggio nella chiesa di san Marcellino sarà «L’Arpeggiata», ensemble di voci e strumenti antichi formato a Parigi da Christina Pluhar, austriaca nata a Graz 52 anni fa e trasferitasi nella capitale francese nel 1992. «Ho iniziato presto a dedicarmi alla musica antica — racconta — prima della direzione suonavo la tiorba e, musicalmente parlando, Monteverdi è l’amore della mia vita». Una confessione che fa capire con quanta emozione Christina Pluhar si stia preparando ad affrontare il Vespro nella città natale del «Divin Claudio», seppure l’abbia più volte eseguito e anche inciso (nel 2014, secondo disco dedicato a Monteverdi dopo «Teatro d’amore» con Philippe Jaroussky e Nuria Rial). «Avevo già suonato al Festival di Cremona, ma mancavo da alcuni anni e tornarci proprio con quest’opera…». Difficile trovare le parole per sintetizzarla, tanto è immensa per concezione e risultato artistico: «C’è dentro tutto quanto esisteva in musica a inizio Seicento; e assieme al patrimonio condiviso da tutti c’è tanto altro, che a quel tempo era solo di Monteverdi e che da lui prese chi venne dopo. C’è la polifonia rinascimentale, non appena accennata ma espressa nel suo più alto grado di complessità, e c’è anche la Seconda Pratica, una definizione da lui stesso coniata per definire la libertà che si voleva prendere rispetto ad esempio al rigore di Palestrina nel limitare le dissonanze. Monteverdi non ottenne il massimo solo da ogni stile e da ogni linguaggio, ma anche dalle forze e dalle risorse disponibili all’epoca, rivolgendo le proprie visioni a strumentisti e cantanti, corti e committenti». Quasi impossibile per lei indicare i brani preferiti: «Se proprio dovessi scegliere direi il “Duo Seraphin” e il “Magnificat”, ma questo è talmente vertiginoso
Sul palco
«La difficoltà non sta nei passaggi del brano, ma nel renderne la freschezza originaria»
Passione Monteverdi è, musicalmente parlando, l’amore della mia vita. Sono molto emozionata
che chiunque lo metterebbe tra i preferiti». Invece Christina ha ben chiaro quale sia la difficoltà maggiore nell’eseguire il Vespro: «Non è tanto in un certo passaggio o in un determinato aspetto, ma piuttosto il rendere esattamente lo stile e la freschezza originaria. Oggi il livello tecnico di chi esegue i brani è cresciuto enormemente rispetto agli anni 70-80, ma sono cresciute anche le conoscenze e le attese del pubblico; che è formato da quei primi seguaci e dai tanti che in questi trent’anni si sono innamorati della musica antica». (E. Pa.)