I giardini intitolati a Federico, bimbo ucciso all’incontro protetto
San Donato Milanese
dell’Arma nella caserma di via Vincenzo Monti è un privilegiato punto d’osservazione sulla droga che gira a Milano: non esistono risultati che facciano «letteratura» e classifichino in misura assoluta una geografia dello stupefacente, anche perché ogni valutazione s’innesca a monte, dipendendo dalla tipologia della «partita», e dai processi e dalle sostanze da taglio. Non c’è insomma la possibilità di dare un’etichetta ufficiale e scientificamente valida alla droga del bosco. Vero però, come dice un maresciallo della Narcotici, che ogni dose sequestrata a Rogoredo e poi esaminata determina il pressoché identico punto d’arrivo: quel principio attivo all’otto per cento. Ci sono dosi vendute e quasi prive di eroina e densamente «affollate» di sostanze da taglio, ovvero caffeina e paracetamolo. Non è droga, è una droga ancor più immondizia.
Gli effetti letali
Le seguenti sono informazioni notorie, ma ripeterle male non fa specie per i genitori: a Rogoredo è un’insistita processione anche di adolescenti. Il metodo d’ingestione dell’eroina avviene attraverso fumo, deglutizione e iniezioni. Il potenziale di assuefazione è alto; mentre gli effetti a breve termine producono rilassamento, sollievo dal dolore, euforia e allucinazioni, quelli a lungo termine generano perdita di peso, impotenza e una divorante sindrome d’astinenza. La durata media dei «benefici» dopo l’assunzione è sulle quattro ore. L’eroina è un sedativo, agisce sui centri respiratori e può
Il Comune di San Donato Milanese, con una toccante cerimonia avvenuta ieri, ha intitolato un giardino a Federico Barakat, il bimbo ucciso dal padre nel 2009 durante un incontro protetto negli uffici degli assistenti sociali. Insieme al sindaco c’era la mamma del piccolo, Antonella. Nelle intenzioni dell’amministrazione c’è comportare il decesso per asfissia. L’ultimo che stava per morire è un 44enne italiano, ricoverato al San Paolo; s’era sentito male alle 17.30 di lunedì in un deposito di via Orwell; gli spacciatori l’avevano trascinato fin lì convinti di risultare estranei o affinché i soccorritori facessero le loro cose senza interrompere e disturbare l’attività criminale.
«Come in Aspromonte» Se domandate pretendendo quella di ricordare, con questa intitolazione, tutti gli altri bimbi vittime di analoghe tragedie. Federico aveva 8 anni. Il padre, un egiziano di 53 anni, aveva approfittato dell’assenza di chi doveva vegliare sul piccolo, gli aveva sparato, l’aveva poi accoltellato per rivolgere infine la lama contro se stesso e suicidarsi. una risposta fuori dal politicamente corretto, molti carabinieri e altrettanti poliziotti rispondono che l’unica soluzione è quella radicale: eliminare il bosco, bruciarlo. Siccome non si può, bisogna cercare vie alternative: una potrebbe essere recintare l’enorme area e tenerla in sicurezza, ipotesi assai costosa e che forse non eviterebbe lo spostamento non lontano dei traffici. Quotidianamente, a Rogoredo si riforniscono mille tossici. Le attività investigative sono ai limiti del proibitivo; un carabiniere che ha lavorato sull’Aspromonte paragona i due territori: «Appena ti muovi con l’obiettivo di entrare, ti sgamano». Le sentinelle della «cupola» sono divenute dei professionisti; l’organizzazione di operazioni d’infiltrazione notturna si scontra con la presenza, pure di notte, dei nordafricani. Decapitare ai vertici e alla base i flussi è utopia. I capi stanno in Marocco, qui c’è la manovalanza, ne arresti uno e lo sostituiscono attingendo al bacino di balordi e disgraziati che vivono tra case popolari e palazzi abbandonati a Corvetto, Stadera, San Siro e via via elencando.