Il futuro del Leonka
LE REGOLE UGUALI E SENSATE
Chi ha paura del Leonka? Più nessuno, a dire il vero. La «K» degli anni dell’occupazione, delle manifestazioni violente, di Fausto e Iaio, degli slogan urlati in piazza sono davvero lontani. Il Leoncavallo è diventato un luogo di aggregazione, cultura e socialità. Un posto dove chi va a bere una birra o ad ascoltare un concerto di musica alternativa, magari neppure conosce bene la storia che c’è dietro. E se la memoria collettiva ha fatto pace con questo luogo, le istituzioni sono ancora alle prese con un problema di difficile risoluzione. Un tema complesso perché nasconde due insidie: la prima è la partita urbanistica che coinvolge un gruppo privato, i Cabassi, a suo tempo chiamato a offrire una soluzione dopo lo sfratto da via Leoncavallo mettendo a disposizione lo spazio e i capannoni dismessi di via Watteau. Una partita delicata: se ci sarà uno scambio di volumetrie, che valore verrà dato a terreni che oggi di fatto non sono industriali visto che ospitano un centro sociale? E se invece, come pare voglia la famiglia di costruttori, la richiesta è quella di lasciare libero lo spazio, dove potrà essere «traslocato» il centro sociale con tutte le sue (tantissime e degnissime) attività? Ed ecco l’altra insidia: che per chiudere la partita, si apra un precedente. Se al Leoncavallo verrà riconosciuto il valore sociale delle sue iniziative, dovrà sottostare alle regole che valgono per tutte le altre realtà nate allo stesso scopo.
Partecipare a bandi, accettare di farsi «misurare» per quello che fa, contribuire alle spese dove venga richiesto. Se così non fosse, appunto, si verrebbe a creare un precedente che nel mondo del Terzo settore potrebbe far discutere: se a don Gino Rigoldi e ai volontari dell’associazione Amici di Edoardo che danno vita al Barrio’s, per stare a un fatto di cronaca da poco commentato, viene chiesto di partecipare ad un bando per continuare la loro attività, qualcosa del genere dovrà accadere anche al Leoncavallo. Viene da pensare che questa sia proprio l’occasione per il Comune di definire un criterio generale per la gestione dei propri spazi e per il sostegno a chi svolge opere utili alla collettività o a chi fa (come stabilisce la Riforma) «impresa sociale»: di modo che le regole, uguali per tutti, siano dettate dal buon senso. È una sfida alta, certo: e ci auguriamo che nessuna parte in gioco cerchi di strumentalizzarla a proprio favore e che le fazioni politiche evitino di impuntarsi su posizioni demagogiche e, davvero, ormai vecchie