Corriere della Sera (Milano)

Storie di periferia secondo Celestini

Il comico romano al Parenti con «Pueblo»

- Livia Grossi

Violetta lavora come cassiera in un supermerca­to, ma immagina di essere una regina seduta sul trono con i clienti-sudditi che le portano regali, è il suo modo per sopportare il lavoro e arrivare a fine giornata. Ascanio Celestini torna al Teatro Franco Parenti per il secondo capitolo della sua trilogia,«Pueblo», un’altra storia di periferia abitata da facchini, barboni e vari personaggi abituati a fare miracoli per riuscire a stare a galla. «Gente di cui si parla solo quando fa notizia nelle pagine di cronaca nera», dice Celestini, «un monologo raccontato, come nel primo capitolo “Laika”, da un povero cristo-narratore che dalla sua stanza ai margini della città, dice a Pietro, il coinquilin­o, ciò che vede intorno a lui, uno sguardo dove surreale e realtà sono una cosa sola». Lo spettacolo nasce dalle interviste che Celestini ha raccolto in un magazzino merci: «Persone che per tutto il giorno catalomeri e spostano pacchi di cui non sanno nulla se non la misura e il peso, testimonia­nze che mi hanno aiutato a capire come si può vivere un’esistenza sempre sulla traiettori­a, magazzino-casa-bar».

In scena una drammaturg­ia quotidiana, dove la storia di un ragazzo africano che perde il lavoro s’incrocia con chi passa il tempo giocando alle slot machine, ma anche con la vita di una barbona italiana che vive nel condominio di fronte al supermerca­to. «In “Laika” ho raccontato ciò che il narratore vedeva tra il parcheggio e il supermarke­t di quel quartiere, qui invece c’è anche quello che immagina, ovvero tutto quello che le persone devono inventarsi per rendere la vita sopportabi­le».

Frammenti di realtà dove si dà voce allo straordina­rio che abita la quotidiani­tà, uno spettacolo in cui Celestini mette al centro la questione lavoro: «Si parla sempre di crescita o decrescita, di nu- insomma, mai di qualità del lavoro e della vita, come se si trattasse di una cosa astratta, scissa dall’essere umano, e così tutte le profession­i, medico, operaio, avvocato, diventano la stessa cosa. Da anni viviamo questo ricatto, ci hanno insegnato a stare zitti e ringraziar­e, nessuno si chiede se dopo otto ore sei distrutto o hai ancora una vita, l’alienazion­e non viene considerat­a tra quei numeri». La periferia è il tema di “Pueblo”, «sono nato ai margini di Roma e ci vivo da sempre, fin da ragazzino sento parlare di hinterland come luogo di violenza o area da riqualific­are con cultura e servizi, ma nessuno si è mai preoccupat­o di chiedere alle persone che ci abitano che cosa vorrebbero veramente, così quei quartieri diventano un plastico sul tavolo di qualche urbanista o architetto che decide cosa fare di quell’area, un laboratori­o a uso e consumo di altri; nel frattempo chi ci vigano ve sviluppa una sorta di schizofren­ia, da ragazzino ricordo che quando andavamo in centro dicevamo ”ieri sono andato a Roma”». Sul palco, dietro al sipario semitraspa­rente, una cucina e Pietro (il fisarmonic­ista Gianluca Casadei): in “Laika” lui parlava con la voce fuori campo di Alba Rohrwacher, qui c’è quella di Ettore Celestini, figlio d’arte di Ascanio.

 ??  ?? Affabulato­re Ascanio Celestini, classe 1972, ha al suo attivo testi teatrali e romanzi
Affabulato­re Ascanio Celestini, classe 1972, ha al suo attivo testi teatrali e romanzi

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