Corriere della Sera (Milano)

È Malangone la carta pronta del sindaco

Già insieme in Comune e ad Expo. All’inizio non si parlavano

- Di Maurizio Giannattas­io

Ci sarà il bando pubblico, poi la selezione. Ma non è un mistero per nessuno che Beppe Sala vorrebbe al posto che è stato di Arabella Caporello, Christian Malangone. Milanese, classe ‘73, sposato con Serena, cinque figli secondo la migliore tradizione ciellina, già collaborat­ore di Sala quando era direttore generale del Comune e poi in Expo, Malangone è sempre stato il braccio operativo del sindaco. Eppure i rapporti tra i due non sono nati nel migliore dei modi. Fu Sala nel 2010 a volerlo come vicedirett­ore di Palazzo Marino ma per la bellezza di sei mesi i due non si scambiaron­o una parola. Per la precisione: il direttore del Comune, ossia Sala, non ha rivolto una frase al suo vice. La svolta arrivò quando Sala, per conto della Moratti, stilò l’elenco delle priorità del Comune. Gioco forza partì il dialogo che da quel momento non si è più interrotto. Adesso Malangone è a capo della direzione delle attività liquidator­ie di Expo (oltre che dg in Digicamere, società consortile della Camera di Commercio). E dalle prime indiscrezi­oni, sembra che stia preparando (insieme a Gianni Confalonie­ri, commissari­o liquidator­e) un bel «regalino» al suo ex capo, massacrato per le perdite presunte di Expo. I conti sono in ordine, anzi ci sarebbe un utile da redistribu­ire ai soci pubblici.

Dialogo mai interrotto dicevamo. Nel bene e nel male. Anche quando il manager è stato accusato di induzione indebita per la vicenda delle presunte pressioni da parte del governator­e Roberto Maroni per ottenere che la sua ex collaborat­rice Maria Grazia Paturzo fosse inserita nella delegazion­e della Regione, a spese di Expo, per un viaggio a Tokyo, Sala non ha mai fatto mancare il suo appoggio. «Il fatto non sussiste» ha sentenziat­o la Corte d’Appello. È stato il semaforo verde del possibile ritorno a casa, ossia a Palazzo Marino.

In mezzo c’è stato Expo. Malangone assume i gradi di direttore generale. Anche qui i momenti brutti non sono mancati. La ferita rimasta nel cuore è quando Matteo Renzi arriva a Milano dopo gli arresti. Il protocollo prevedeva prima un vertice nella sede di via Rovello, poi un incontro nella sede della Camera di Commercio in via Meravigli. Pochi metri di passeggiat­a che si trasforman­o in una sorta di forche caudine. Loro blindati. Intorno la gente che grida ladri e lancia monetine. Il momento più bello arriva qualche mese dopo la partenza di Expo, quando cominciano a formarsi code interminab­ili davanti ai tornelli. Non mancano tensioni. Il carattere dei due è abbastanza fumantino e i litigi sono frequenti. Passa tutto quando i cancelli di Expo chiudono e i due, quasi ogni notte, passeggian­o tra i padiglioni per controllar­e che tutto sia a posto. Un rito che si ripete anche all’alba.

Adesso, questa collaboraz­ione e quelle litigate potrebbero riprendere e Malangone si troverebbe di fronte a una sfida assai complicata: gestire il progetto il «piano periferie» che nonostante proclami e promesse stenta a partire. Ma come ripete spesso ai suoi amici, gli piacciono «le robe da pazzi», le sfide al limite dell’impossibil­e. Prima però ne dovrà affrontare un’altra. La più difficile: convincere sua moglie che partecipar­e al bando per tornare in Comune sarà pure roba da pazzi ma non da camicia di forza.

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Il ritorno di Malangone e l’indiscrezi­one sulla succession­e sul Corriere del primo aprile
La notizia Il ritorno di Malangone e l’indiscrezi­one sulla succession­e sul Corriere del primo aprile

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