L’«Ira di Achille» con i pupi di Cuticchio
L’artista palermitano al Teatro Gerolamo con lo spettacolo «L’ira di Achille»
«L’Iliade la conosco tutta a memoria e la posso raccontare in cento modi diversi, ma al Teatro Gerolamo c’è una nuova versione, la centounesima!», Mimmo Cuticchio, il più importante maestro puparo del nostro tempo, torna sull’antico palco milanese con «L’ira di Achille», uno stralcio dell’opera di Omero qui cuntata e agita da quarantasei pupi in perfetto stile ellenico, un copione che rispetta Omero, ma fa riflettere sull’oggi (da stasera al 6 Maggio, piazza Beccaria 8, ore 20, biglietti 634 euro, tel. 02.36.59.01.20). «Iniziamo con il racconto della distruzione dei templi di re Priamo per arrivare alla peste che dopo dieci anni di guerra si era abbattuta nel campo acheo e poi la lite tra Achille e Agamennone, il duello Paride-Menelao per concludere con la morte di Patroclo e quella di Ettore. Ma sul finale ci sarà una sorpresa». Una drammaturgia pensata per un pubblico trasversale, «chi non ha mai letto l’Iliade avrà modo di conoscere la storia, gli altri scopriranno un nuovo modo di raccontarla».
Cuticchio figlio d’arte, rispettoso della tradizione e dei saperi tramandati dal padre, è un vero sperimentatore, da metà degli anni Settanta ha iniziato a studiare nuove tecniche e linguaggi riuscendo a conquistare anche gli spettatori più giovani. «Qui la scena è aperta e il pubblico può vedere gli attori al lavoro, non è più tempo di nascondere il giocattolo al bambino per farlo giocare, ma di mostrarne i meccanismi per divertirsi di più». In scena non c’è dunque il Teatro dei Pupi in forma museale ma un’opera opera viva con saperi antichi e gli occhi aperti sul nostro tempo. «L’Ira di Achille è la storia dell’eroe che vince e poi vuole comandare, un po’ come il nostro dopo elezioni insomma, una questione di prepotenza, rivalità e potere, ma anche di pietas, quella che dobbiamo avere verso tutti coloro che pagano le drammatiche conseguenze dei nostri politici sempre più feroci e arroganti. Il finale dunque che vedrete in teatro non è quello Omero, ma quello di un uomo che osserva il mondo di oggi».