Coca, il fortino riforniva modelle e chef
Blitz alla Vele di Bollate. Tra i clienti un’ospite dell’Isola dei famosi. I legami con i clan
Manager. Architetti. Chef. Imprenditori. Fidanzate dei «tronisti». E una modella divenuta nota al grande pubblico grazie a una puntata dell’«Isola dei famosi». Operazione dei carabinieri, nella rete 23 persone: sgominata una cupola che partendo dalle «Vele» di Bollate, palazzi di degrado e criminalità, riforniva di droga tutta Milano. Da Brera ai Navigli fino al Quadrilatero della Moda.
«Allora dove abita?». «Viale Majno». «No, no, la fi..., la modella...». «Ah, Sant’Andrea, via Sant’Andrea... Incomincia ad andare».
Dai palazzoni scrostati dell’hinterland allo scintillio del Quadrilatero della moda. Dalle cosche al lungo e danaroso elenco dei clienti. Dove, insieme a chef più o meni noti, ad architetti, a manager, a imprenditori, a sconosciute fidanzate di «tronisti», c’era anche una modella italo-brasiliana già immortalata per insistenza del regista in una puntata dell’«Isola dei famosi». Le dosi erano concordate al telefono, consegnate a domicilio e a volte acquistate sul posto. Dobbiamo a questo punto lasciare via Sant’Andrea e spostarci a Bollate. E dobbiamo cercare un buco. Ovvero un varco nella fatiscente cancellata che racchiude i palazzoni grigio cemento: era questo il luogo deputato allo scambio, i soldi per la droga. Non è Scampia anche se in molti a Bollate le chiamano le «Vele» (oppure, altra definizione usata, «l’alveare»), per la somiglianza coi casermoni napoletani. Sono i palazzi di via Turati 40 dove i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano comandati dal tenente colonnello Michele Miulli hanno smantellato una delle batterie di spacciatori di cocaina e marijuana scoperte con l’indagine «The Hole» (il buco), che ha portato all’esecuzione di 23 misure cautelari del gip Maria Vicidomini (16 in carcere, 6 ai domiciliari e una all’obbligo di firma) per traffico di cocaina, hashish e marijuana. La cima della piramide di trafficanti, per quanto riguarda la cocaina, era occupata da Antonio Agresta, 45ennne di Platì (Reggio Calabria), erede di una dinastia di ’ndrangheta. Per l’hashish e la marijuana la rotta invece era quella iberica, con i clan di spacciatori nordafricani a «comandare».
L’operazione ha portato al sequestro di armi, 300 chili di stupefacenti e un centro estetico a Cerro Maggiore aperto in uno shopping center, divenuto privilegiato luogo di incontro tra malavitosi. Queste indagini sono nate a loro volta da un’altra operazione. In quell’occasione, nella rete era finita una banda di rapinatori che ricorreva all’uso di maschere in lattice durante i «colpi». Tra i malviventi anche Yari Viotti e Davide Graziano accusati del tentato omicidio di un carabiniere a Cornaredo, e nella cui disponibilità c’erano varie armi, un chilo di cocaina e un numero di telefono, quello del 39enne Michele Antonino. Il capo del gruppo di spaccio che aveva base nei palazzi di via Turati. Un’attività continua, dall’alba alle 23: dopo quell’ora Antonino aveva l’obbligo di stare in casa per la decisione del Tribunale di sorveglianza e quindi era passibile di controlli delle forze dell’ordine. Ma durante il giorno, se non era lui in persona a controllare che l’intera area dello stabile fosse «sicura», c’era sua madre, Eleonora Franzoso, mentre la cessione fisica della «roba» avveniva nella casa della vicina, Rosanna Pitino, detta la «vecchia» nonostante non avesse compiuto 60 anni.
Balordi, stupefacenti, soldi. Un’organizzazione ancor più consolidata la aveva il gruppo gestito dai fratelli Alberto e Giuseppe D’Aiello. E qui lo scenario si sposta alla Milano by night. I due contavano «su una consistente rete di clienti» tra cui anche personaggi del mondo dello spettacolo. I pusher consegnavano ovunque in città. Conca del Naviglio, Porta Genova, viale Monza, Brera. Senza nessuna distinzione, senza mai fermarsi.