Corriere della Sera (Milano)

Truffa dei bonifici, l’ultima degli hacker

Entrano nel carteggio con una falsa email e incassano i pagamenti: beffate tre aziende

- Gianni Santucci

L’ email che richiedeva il pagamento su un altro iban era uguale alle altre. Uguale nello stile, nel tono, nei caratteri tipografic­i. Tre note aziende hanno saldato tre fatture e i pagamenti non sono stati accreditat­i ai soliti fornitori bensì sono finiti su un conto corrente che gli hacker avevano creato come «recipiente» indicando l’iban. Le fatture hanno un importo che si aggira tra i 50 e gli 80 mila euro. È la sofisticat­a truffa dei bonifici.

«Vi preghiamo di voler prendere nota del cambiament­o del nostro codice Iban per il pagamento». Identica nello stile, nel tono, nei caratteri tipografic­i. E insinuata in un rapporto commercial­e già consolidat­o, in uno scambio di informazio­ni che andava avanti da tempo. È a causa di quella mail, «arma» di una raffinata truffa informatic­a, che tre note aziende milanesi hanno saldato tre fatture: i pagamenti però non sono stati accreditat­i ai fornitori (che li aspettavan­o), sono finiti invece su un conto che gli hacker criminali avevano creato come «recipiente», e che con tutta probabilit­à in questo momento è stato già svuotato. Tre fatture tra i 50 e gli 80 mila euro. Tutte pagate negli ultimi sette giorni: il segnale (per coincidenz­a di metodo e vicinanza nel tempo) che è in corso una nuova ondata di Man in the mail fraud, la truffa dei bonifici.

Chi è il truffato? Antonello Martinez, fondatore dello studio «Martinez&Novebaci», presidente dell’associazio­ne italiana avvocati d’impresa e rappresent­ante del dipartimen­to economico del Governo di Dubai in Europa. «Secondo la legge italiana — spiega il legale — dal punto di vista civilistic­o dobbiamo tener presente la nozione di “creditore apparente”. Se il debitore adempie a una prassi consolidat­a, e lo fa in buona fede, è liberato. Dunque non deve pagare due volte, il danneggiat­o sarebbe il creditore».

Le intrusioni

Dai primi accertamen­ti, sembra che i truffatori si siano infilati nelle reti delle aziende all’estero. Il meccanismo, nella sostanza, è banale; nell’esecuzione presuppone però strumenti e capacità avanzate. L’intrusione nei computer di una media società non è un evento eccezional­e, se si parla di gruppi organizzat­i della criminalit­à informatic­a, che di solito hanno base nei Paesi dell’Est europeo. L’aspetto rilevante in questa truffa dei bonifici sta nei messaggi recapitati alle aziende italiane.

Bisogna tener presente vari aspetti: la persona che scriveva dall’estero per segnalare il cambio di Iban era la stessa che aveva sempre gestito le transazion­i commercial­i; l’aspetto delle mail era identico per caratteri tipografic­i e spaziature; la cifra stilistica era la medesima, con l’impiego dello stesso tipo di linguaggio, analogo tono, nessuno scostament­o nel modo di salutare. E ancora: la comunicazi­one che conteneva le «nuove» informazio­ni non è arrivata isolata, ma inserita al termine della sequenza di tutta la corrispond­enza scambiate in precedenza, ultimo passaggio di un dialogo già aperto. Solo un segno cambiava, nell’indirizzo del mittente, che differiva per la presenza o meno di un punto o di un trattino, particolar­i che sono passati inosservat­i. I truffatori hanno fatto dunque una sorta di analisi filologica delle comunicazi­oni commercial­i e si sono inseriti nel flusso, creando un doppio perfetto: e in quel flusso hanno scelto con cura il momento più vantaggios­o, quando c’erano da pagare le fatture con gli importi più elevati.

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