Cure a pazienti musulmane «No alla sharia in ospedale»
Lodi
«No alla sharia in corsia». Il progetto del primario di chirurgia plastica dell’ospedale di Lodi per agevolare le pazienti islamiche affette da tumori al seno finisce in Parlamento con un’interrogazione di Fratelli d’Italia annunciata da Daniela Santanché e Giorgia Meloni. Un putiferio, quello che ha investito ieri l’ospedale Maggiore di Lodi e il dottor Daniele Blandini, dopo che sul quotidiano Il Cittadino era uscita la notizia di un accordo fra il reparto e il locale centro culturale islamico. Accordo che prevede nei casi di ricostruzione mammaria l’uso di membrane prive di derma suino, in rispetto al credo musulmano, preferendone altre realizzate con il pericardio dei cavalli. Il protocollo ha scatenato una reazione a catena, dalla Lega Nord («Mi auguro sia una fake new», ha commentato Paolo Grimoldi), all’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera («Nessuna norma ad hoc»), alla Santanché che ieri si è presentata all’ingresso del presidio ospedaliero con una ventina di attivisti FdI e lo striscione «No sharia in corsia». «Il protocollo va ritirato immediatamente — ha rincarato la senatrice annunciando un’interrogazione urgente al ministro della Salute —, non siamo noi che dobbiamo adeguare le regole di ospedali o scuole a chi si deve integrare con la nostra cultura». La struttura lodigiana ha chiarito che il progetto di chirurgia plastica non fa parte di un protocollo aziendale, ma è stato adottato in autonomia dal primario: «Non esistono protocolli che distinguano i trattamenti secondo l’appartenenza a un’etnia o a un credo religioso — afferma il dg Giuseppe Rossi —, al contrario è diffusa e condivisa la sensibilità al rispetto del singolo, da cui scaturisce un’attenzione nell’adottare opportuni accorgimenti nei percorsi di diagnosi e cura dei nostri pazienti». «Una tempesta in un bicchier d’acqua — spiega il primario Daniele Blandini che ha presentato il progetto al centro culturale islamico locale —. È mio dovere di medico creare le condizioni per migliorare la presa in carico di pazienti che si fanno operare per patologie anche gravi».