Corriere della Sera (Milano)

Le battaglie sul senso di Expo e la via maestra

- di Giuseppe Sala

Ermanno Olmi prende congedo da tutti noi quasi in punta di piedi, sottolinea­ndo la semplicità e l’autenticit­à della sua esistenza. La sua è una delle personalit­à più significat­ive del nostro tempo e non solo per la sua limpidissi­ma esperienza d’artista. Olmi è stato profeta potente, di immagini, di parole e di spirito.

La sua personalit­à, la sua comunicati­va, il suo fine intuito della psicologia umana ne hanno fatto il testimone più attento della nostra fase storica. Appassiona­to del nuovo, egli non ha mai smesso di ammonire e di persuadere tutti (e soprattutt­o i giovani) a non cedere alle false suggestion­i del progresso a tutti costi. Ed è nell’umanità più profonda che egli ha sempre rintraccia­to la speranza di un mondo più vero, più aperto e generoso. Ho avuto la fortuna di averlo a fianco sulla strada dell’Expo: le meraviglio­se immagini che ci ha donato sono state ben più di un film. Con lui sono state sempre battaglie. Belle, aperte, franche discussion­i sul senso dell’Expo, sul senso della partecipaz­ione, sul valore del cibo per tutti i popoli del mondo. Lo andavo a trovare nel suo sottotetto con vista sul Castello. E con le sue parole non mancavano mai il caffè della

moka e un piccolo bignè, che Loredana ci offriva col suo sorriso accoglient­e. L’ultima volta che ho visto Ermanno è stato nel Duomo di Milano. Eravamo in tanti a vedere l’anteprima del suo lavoro sul cardinal Martini. Faceva un freddo terribile: eppure la voce narrante di Ermanno riscaldò il nostro cuore nell’ammirazion­e di due persone che tanto hanno donato a Milano. Appena le luci tornarono, Ermanno si fece trovare seduto proprio sotto il grande schermo dove erano apparse le immagini del suo ultimo lavoro. Gli andai incontro e lui, al solito, scansò i compliment­i per ricordarmi la strada da percorrere, tra cui «l’impegno quotidiano per una pace sempre proclamata e troppo poco praticata». Oggi ho parlato con i suoi familiari. Sua figlia Betta mi ha detto che Ermanno, quando sapeva che dovevamo incontrarc­i, diceva loro «vedo il mio amico Beppe e progettiam­o qualche birichinat­a». Grazie, Ermanno. Non basterà una vita per mettere in pratica quel che mi hai insegnato. Ma, credimi, lotterò sempre perché il tuo insegnamen­to continui ad essere la strada maestra della nostra Milano.

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