«The Pursuit of Happiness» Al Teatro dell’Arte l’America di oggi criticata dalle compagnie di danza
«Pursuit of Happiness» al Teatro dell’Arte
Mezzogiorno di fuoco con cowboy, sombreri e pistole. Affisso alla parete, l’immancabile «Wanted» con l’identikit del ricercato di turno. Sembra un saloon di un film di Sergio Leone e un po’ lo è: «Siamo stati ispirati dagli spaghetti-western di Leone e abbiamo persino usato la musica di Ennio Morricone per creare tensione nel nostro trailer, ma non nello spettacolo», dice Pavol Liska, autore insieme a Kelly Copper di «Pursuit of Happiness», «sono slovacco e ho un’idea d’America vista dall’Europa, com’era per Leone. Nella distanza s’insinua il nostro sguardo critico».
È la danza western e bellicosa partorita da uno strano organismo a due teste (e più corpi): l’ensemble di ballerini sloveni EnKnapGroup e il newyorchese Nature Theatre of Oklahoma, compagnia ruggente e pluripremiata della scena Off-Off-Broadway che trae il proprio nome da una frase di un romanzo giovanile e incompiuto di Kafka, «Amerika», ovvero il sogno americano secondo il tormentato Franz. L’insolito accoppiamento ha dato origine allo spettacolo, in arrivo stasera e domani al Teatro dell’Arte Triennale, ospite del sempre più affollato (e ben frequentato) FOG, festival nebuloso nella sua vocazione di frontiera «trans-gender». Performance, danza contemporanea e teatro, insieme, «Pursuit» è una ricerca della felicità più muscolosa che filosofica, armata fino ai denti, così come la vorrebbe Trump: difatti, sotto i costumi country e i baffoni d’antan, i riferimenti all’attuale Far West statunitense sono più che leggibili, la satira «anti-macho» è palpabile con donne agguerrite che lottano nonostante la benda nera all’occhio.«Nella Dichiarazione d’indipendenza, documento fondante degli Stati Uniti, il terzo diritto inalienabile era la felicità», prosegue Liska, direttore del Nature Theater of Oklahoma, «ma che cos’è la felicità, oggi? Se non siamo felici, bisogna dunque cambiare le circostanze per poterlo essere: conosco molta gente per cui questo diritto non esiste proprio. Negli Stati Uniti cerchiamo di immaginarci come gli artisti possano partecipare al dibattito pubblico e avere ancora una voce, restando più aperti alla complessità delle nostre vite. L’artista è obbligato a rappresentare il mondo nella sua molteplicità e da più punti di vista possibili, raccontandolo con sguardo disincantato». Fondato dieci anni fa, EnKnapGroup è guidato dal coreografo Iztok Kova e vanta il primato di essere l’unica compagnia permanente di danza contemporanea in Slovenia con un attivo di 25 titoli in repertorio tra spettacoli teatrali e dance per il cinema, firmati da una trentina d’autori. «L’incontro con i sei danzatori dell’EnKnapGroup», racconta ancora Liska, «è stato un viaggio di conoscenza reciproca e una sfida. Abbiamo cercato di combinare i nostri stili spingendoci gli uni con gli altri a fare qualcosa che non conosciamo: non è una combinazione di forze, piuttosto di debolezze. Il processo creativo insieme è stato un collage. Anzi un bricolage».