Il film su Martini Un atto d’amore per la città e la sua gente
Olmi, Martini, Milano compongono un trittico speciale, cui fa da cornice «Vedete, sono uno di voi». Il film che il grande regista ha dedicato al Cardinale contiene tutte e tre quelle icone, vividamente. Come una sottile ed essenziale cornice il racconto per immagini esalta i colori dei protagonisti e definisce le forme. La differenza rispetto ai grandi «fondi oro» della tradizione artistica: il trittico non è chiuso nelle sale di una pinacoteca o nella penombra d’una chiesa, a pieno titolo sta al centro della città, permea il cuore e accende le intelligenze. È un pezzo di storia e di vita di «Questa nostra benedetta maledetta città», secondo il titolo che Martini volle dare alla VIII edizione della Cattedra dei non credenti.
Spiritualità e laicità hanno unito il poeta e l’Arcivescovo. L’acme dell’intesa è stata raggiunta quando Olmi s’è fatto lui narratore, ha dato la voce a Martini. Ha fatto da speaker al Cardinale e a se stesso. Del primo ha proposto le parole e il modo di riflettere attraverso un’esposizione sobria, di delicato supporto alle immagini. Di sé ha inteso dare una testimonianza di onestà. Dichiarò così i suoi propositi: «Voglio parlare direttamente al pubblico. Perché è l’unico modo di guardarci negli occhi. Senza un mediatore. L’importante è che sia onesto».
Olmi e Martini che parlano alla città, vis a vis. Il film propone numerosi interventi del Cardinale. Alla memoria di questi e alle evocazioni il regista imprime il suggello dell’attualità, di una storia connaturata al tempo e che sembra non avere tempo. Per l’anteprima mondiale Olmi chiese il Duomo. Monsignor Borgonovo corrispose con gioia all’audacia dell’artista. E la sera del 10 febbraio 2017, 37° anniversario dell’ingresso di Martini, sotto le volte sacre si celebrò un grande rito laico. La Cattedrale, che fin dalla fondazione è dei milanesi e non dell’Arcivescovo (sulla facciata non campeggia lo stemma arcivescovile) riunì una rappresentanza di popolo, autorità e cittadini, a meditare sulle parole del Cardinale, dette dal poeta, «con la mia voce roca» e sull’amore sconfinato di entrambi per la città.
Olmi e Martini, Milano che si trasforma e ha bisogno di dare senso ai cambiamenti. La città vede questi riflessi nei nuovi insediamenti e nelle periferie dove si sta male, per le strade, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, ma ha bisogno di guide per non smarrirsi. L’interiorità è la chiave di lettura per stare in una città che cresce senza però lasciare che lo sviluppo travolga. Olmi e Martini, trascendenza e vita, uomo e sacralità della natura, fatica e la speranza, tradizione e giovani. Il film si apre nella stanza in cui Martini morì all’Alosianum di Gallarate e si chiude con l’Arcivescovo che impartisce la benedizione. La mano trema, il volto è tirato e fermo, la voce questa volta non ha bisogno di Olmi: le parole sono affidate allo scorrere della didascalia. Nel corso della lavorazione, mentre la malattia lo affliggeva, Olmi mi disse: «Quando avrò finito il lavoro su Martini saprò di aver concluso il mio compito nella vita». Il testimone del regista e del Cardinale è ora nella mani di Milano, di ciascuno di noi.