Gli investimenti sporchi dei broker ignoti al Fisco: bloccati conti, case e box
Uno, da abile speculatore di Borsa qual era, dava consigli ad altri malavitosi su piani di investimento finanziari, ma per gli ispettori del Fisco era praticamente un nullatenente. Un povero ricco. L’altro dichiarava redditi che al massimo raggiungevano poche migliaia di euro, ma poteva contare su un solido patrimonio immobiliare tra appartamenti, box, magazzini e autorimesse a Cesano Maderno, nel monzese, la sua città di residenza. Ma le indagini dei carabinieri della quinta sezione del Nucleo Investigativo, agli ordini del capitano Federico Smerieri, hanno alzato il velo sulle reali disponibilità economiche di Fortunato Calabrò e di Rosario Sarcone, entrambi arrestati a settembre nell’ambito dell’operazione «Dedalo», che aveva svelato l’influenza delle cosche della ‘ndrangheta di San Luca in Lombardia, tra traffici di cocaina e armi.
Gli accertamenti dei militari sono sfociati nell’esecuzione di due decreti di sequestro, finalizzati alla successiva confisca, emessi dalla magistratura su beni immobili e liquidità finanziarie (tra conti correnti, polizze, fondi di investimento) per un totale di un milione e 600 mila euro. Calabrò, 52 anni, è di Montebello Ionico, nel reggino. Per lungo tempo gli investigatori non erano riusciti a dare un nome al suo volto, ribattezzandolo «Ignoto 23». Perché Calabrò era uno dei personaggi della cupola ‘ndranghetista lombarda che aveva preso parte a due summit mafiosi, tenutisi tra il 2008 e il 2009 al centro «Falcone e Borsellino» di Paderno Dugnano, e al ristorante «il Palio» di Legnano. L’ultimo partecipante che venne identificato. Prima del 2008, Calabrò era sconosciuto al Fisco. Negli ultimi nove anni ha dichiarato redditi annui tra gli 800 e i sedicimila euro al massimo.
Ma scavando a fondo, i carabinieri hanno scoperto che l’uomo disponeva di garage, negozi, cantine e un locale in cui è attualmente attivo un ristorante. Beni in larga parte intestati alla moglie 42enne. Su un libretto postale della donna, è risultato anche il deposito di un assegno da 50 mila euro firmato da Saverio Moscato, dell’omonima famiglia che comandava la «locale» di Desio, fino al blitz dell’operazione Infinito del 2010 Anche Rosario Sarcone, 49 anni, a fronte di dichiarazioni fiscali piuttosto modeste, disponeva di titoli e liquidità per 400 mila euro.
Gli investigatori hanno parlato di una certa «scaltrezza e competenza» negli investimenti finanziari. Nell’inchiesta Dedalo, Sarcone non è indagato per mafia, ma proviene da famiglia criminale. Il padre Salvatore venne ucciso nel 1989 a Rho, come punizione per aver rapinato una banca in Calabria nello stesso anno, senza aver chiesto il permesso ai boss locali.