IL BRUTTO È UGUALE PER TUTTI
Indegno di un Paese civile: ormai è slogan che ci ripetiamo a pappagallo, per qualunque cosa. E allora diciamo una buona volta che arriva una leggina degnissima di un Paese civilissimo. È la norma che il Comune metterà nel nuovo piano regolatore, norma che tutti sognano, auspicano, caldeggiano, quanto meno tutti quelli che davvero hanno a cuore la grande e piccola bellezza del luogo in cui vivono. Sanzioni pesanti per i privati che lasciano andare alla malora i loro beni. È previsto persino che anche la licenza edilizia venga stracciata in mille coriandoli. Mai come in questo caso lo spirito delle leggi è chiaro: si vuole combattere il degrado e lo sfascio che trasformano tanti luoghi abbandonati in confortevoli club mediterranée per spacciatori, clandestini, papponi. È un primo argine alla vita rovesciata della non-città, con la sua nonvita, con le sue non-regole, con la sua non-dignità. Soprattutto, con la sua estetica spaventosa, che evoca subito la peggio paura, oggigiorno meglio detta insicurezza percepita. Coinvolgere i proprietari, metterli con le spalle al loro muro, significa anche restituire al municipio il ruolo di controllore e di tutore supremo, là dove la sciatteria del privato finisce per incidere pesantemente sull’umore e sul malessere dell’intera collettività. Perfetto. Sembra di sognare. Che l’Italia intera abbia bisogno di una generale ramazzata, anche solo per restituire all’occhio la sua parte, non lo può negare nessuno.
Il degrado chiama degrado. Avere sempre nel campo visivo la grande bruttezza deprime la gente per bene ed esalta quella per male. E se i privati non lo capiscono, vanno aiutati a capire. Però sarebbe anche il caso di stipulare subito, nel momento mistico dello scatto d’orgoglio, uno di questi contratti tanto evocati nelle campagne elettorali. Un patto che metta privato e pubblico sullo stesso livello, niente di trascendentale. Ma molto giusto. Se l’istituzione mostra il muscolo, come minimo deve essere inattaccabile. Avere i requisiti in regola. Per la cronaca, il suo patrimonio trasuda di aree fuori controllo, casermoni fatiscenti, boschetti infernali, alloggi popolari invivibili, negozi sfitti e mezzi sfasciati, quanto alle demolizioni siamo fermi alla prima, il famoso stabile Aler di via Lorenteggio. Sarebbe fantastico che anche in questi non-luoghi della non-Milano il proprietario fosse bruscamente chiamato a metterci mano. Per pretendere rispetto, lo Stato deve rispettare se stesso.