Corriere della Sera (Milano)

Papa Francesco a Nomadelfia riscatta Milano

- Di Marco Garzonio

La visita di Francesco a Nomadelfia risana una ferita subita da Milano 70 anni fa, e che ha cambiato il destino di persone e istituzion­i quando stava allungando il passo della Ricostruzi­one, ma offre opportunit­à di rilancio di idee e mete condivise. Era come procedesse­ro insieme la Milano che «risorgeva» e l’utopia della città dove «l’amore è norma» (questo è il significat­o di Nomadelfia). Don Zeno, il fondatore, aveva «occupato» nel ’47 l’ex campo di concentram­ento di Fossoli, dove erano passati o morti protagonis­ti della Resistenza e Milano lo aiutò da subito. Non si rinchiuse nella propria ripresa, ma condivise ideali e mezzi. Schuster affidò solennemen­te in Duomo 40 orfani di guerra a Nomadelfia; San Carlo, con i padri Turoldo e De Piaz, stabilì un ponte vitale con don Zeno; borghesia e imprendito­ria, con la contessa Pirelli a guida, trovarono risorse e mezzi. Ma la Guerra fredda presentò il conto anche a Milano. La città avrebbe dovuto pensare solo al suo sviluppo senza grilli per la testa. Lo stop a Nomadelfia da parte di Scelba e del Vaticano mortificò Schuster e costrinse all’esilio Turoldo e De Piaz, mettendo a rischio una delle più straordina­rie esperienze religiose, culturali e civili del Dopoguerra: la Corsia dei Servi. Con gli anni molte cose son cambiate, per Nomadelfia, che è rinata, e per Milano. Ma Francesco ha restituito qualcosa in più. La visita agli eredi di don Zeno cambia di segno anche interventi dei predecesso­ri. Wojtyla nell’89 si era recato a Nomadelfia. Il viaggio continua la riabilitaz­ione di uomini importanti, ma contrastat­i: don Mazzolari, don Milani, mons. Tonino Bello. Oggi i cattolici sono minoranza e ininfluent­i nelle grandi scelte. Ma per Francesco contano ultimi, poveri, emarginati, come nel Vangelo. Per Milano rievocare Nomadelfia va oltre la riparazion­e di torti: indica una strada di civiltà oltreché di ispirazion­e religiosa. È un rilancio.

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