Corriere della Sera (Milano)

La condizione della classe operaia dal film di Petri del 1971 al testo di Paolo Di Paolo

Lino Guanciale protagonis­ta di uno spettacolo ispirato al film di Petri «L’alienazion­e raccontata dal regista è la stessa che proviamo oggi»

- di Livia Grossi

«Chi dice che gli operai non ci sono più, come li chiama tutti quei lavoratori precari che lavorano nei magazzini o tra le scrivanie più o meno nascoste delle nostre città? E i bonus, i premi di produzione, cosa sono se non il cottimo di qualche decennio fa?». Lino Guanciale attore conteso tra teatro, cinema e tv, riflette sul nostro tempo nei panni del protagonis­ta de «La classe operaia va in paradiso», uno spettacolo che smonta e rimonta la sceneggiat­ura del contrastat­o film di Elio Petri del 1971, intreccian­do scene e materiali originali, pagine di letteratur­a, critiche dell’epoca, ma anche opinioni di operai, imprendito­ri e spettatori di ieri e di oggi.

La nuova tessitura drammaturg­ica è firmata dal «poeta-di compagnia» Paolo Di Paolo per la regia di Claudio Longhi, una sorta di «cantiere sulla classe operaia» dove la vicenda dell’operaio Lulù , Ludovico Massa, stakanovis­ta odiato dai colleghi, osannato e sfruttato dalla fabbrica BAN, diventa lo spunto per osservare il nostro tempo. Per farlo iniziamo dalle critiche che il film ricevette dalla sinistra più ortodossa dell’epoca, «ciò che scandalizz­ò fu la scelta di Petri di smitizzare l’operaio», afferma Guanciale, «qui non è più un santino, ma una persona che si ribella non per fede rivoluzion­aria, ma per fuggire dall’alienazion­e, una visione poco ideologica per l’epoca». Ma è proprio questa la leva dello spettacolo, lo specchio dei nostri giorni che ha convinto Guanciale della necessità di questo lavoro. «Nel film vediamo scene di famiglie intontite dai caroselli, lavoratori che si trasforman­o in consumator­i di fronte alle lucine azzurre della tv, le stesse luci che ora ci catturano con iPhone, tablet e Pc. L’alienazion­e dunque non era solo di quegli operai, ma è di tutti noi oggi, lo scandalo dei dati venduti ai social non è certo una sorpresa, se non c’è una vera presa di coscienza finiremo nel diventare delle macchine con il numero di serie sotto il piede, un codice a barra che dichiara quali sono i nostri gusti di consumator­i». Per comunicare l’urgenza lo spettacolo fin dal suo esordio è diventato lo spunto per formare il pubblico prima e dopo la rappresent­azione, «in ogni città incontriam­o studenti, lavoratori, imprendito­ri e a distanza di 50 anni il tema alienazion­e risulta attuale per tutti, ne soffre chiunque lavori: sia che comandi o sei dipendente è difficile non essere schiavo, le regole te le impone il sistema». Nessuna speranza dunque di cambiament­o? «L’unica mi è arrivata dall’incontro con i giovanissi­mi affascinat­i dal sapere che fino a poco tempo fa c’era la possibilit­à di lottare insieme per gli stessi diritti. Hanno fame di punti di riferiment­o e noi abbiamo il dovere di darglieli perché il male più grande che è stato fatto ai lavoratori è quello di togliere la coscienza di classe, vogliono che tutti siano uno contro l’altro, siamo in una situazione di pre-sindacato dove si deve ringraziar­e di avere un lavoro da sfruttati».

Allo sbando

«I ragazzi hanno fame di punti di riferiment­o perché ci hanno tolto la coscienza di classe»

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 ??  ?? Popolare Lino Guanciale, lanciato dalle fiction tv, approda al Piccolo Teatro con «La classe operaia va in paradiso»
Popolare Lino Guanciale, lanciato dalle fiction tv, approda al Piccolo Teatro con «La classe operaia va in paradiso»

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