Corriere della Sera (Milano)

Anabolizza­nti e droga: arrestati 4 carabinier­i

Sotto accusa militari di Cassano d’Adda e un appuntato in servizio al Tribunale

- di Cesare Giuzzi

Spaccio, corruzione, peculato. Con queste accuse sono stati arrestati 3 carabinier­i della compagnia di Cassano d’Adda. Due soli erano ancora in servizio, perché il loro capo, Raimondo Manelli, era già stato arrestato (e condannato a 12 anni) nell’aprile 2017. In cella, in un’altra operazione e per traffico di dopanti, anche un appuntato in servizio a Palazzo di Giustizia.

Che quello del maresciall­o aiutante Raimondo Manelli non fosse un caso isolato, lo si era capito scorrendo i molti capi d’imputazion­e che il 6 aprile di un anno fa lo avevano portato in carcere mentre vestiva i panni di comandante del Nucleo operativo radiomobil­e della compagnia di Cassano d’Adda. Si andava dalla detenzione di droga ai fini di spaccio, fino al falso, a due episodi di corruzione e otto casi di peculato. Accuse che gli sono valse una condanna in primo grado, e con rito abbreviato, a 12 anni.

Il maresciall­o Manelli ieri mattina era nella sua casa di Bergamo dove stava scontando la pena ai domiciliar­i, dopo la recente uscita da San Vittore. Gli ex colleghi di Cassano d’Adda e quelli del Nucleo investigat­ivo di Monza gli anno notificato una nuova ordinanza che lo ha riportato in cella. Stavolta però insieme all’ex comandante ci sono altri due carabinier­i di Cassano.

Si tratta di un vicebrigad­iere di 47 anni e di un appuntato scelto di 52, accusati di peculato, detenzione illecita di sostanza stupefacen­te, calunnia, arresto illegale e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. In sostanza i tre sono accusati di aver sottratto denaro a quattro pusher durante le perquisizi­oni, e in un caso anche di aver «incastrato», nel giugno 2016 a Pessano con Bornago, un pregiudica­to marocchino di 44 anni nascondend­ogli in casa 10 grammi di droga durante una perquisizi­one. Ieri, all’ora di pranzo, i due carabinier­i sono stati convocati in caserma per un colloquio e arrestati.

I quattro episodi si sono verificati tutti tra il 2016 e l’agosto 2017, quindi anche dopo l’arresto del comandante Manelli. In totale i tre carabinier­i avrebbero fatto sparire 11.200 euro in contanti. Soldi che dovevano essere sequestrat­i ai pusher fermati ma che (in parte) venivano intascati e dei quali non veniva fatto cenno successiva­mente nei verbali di perquisizi­one. Da qui anche l’accusa di falso. Ad incastrare gli «infedeli» le testi- monianze degli arrestati e dei loro familiari che sono state incrociate e ritenute attendibil­i. «I due militari sono stati anche sospesi con effetto immediato», ha spiegato il colonnello Luca De Marchis, che guida il comando provincial­e di Milano. Il comandante ha voluto illustrare personalme­nte i dettagli della vicenda che colpisce «in modo doloroso» l’immagine dell’Arma. Manelli, infatti, era stato condannato dai giudici di primo grado anche a risarcire il comando generale dei carabinier­i con 12.500 euro.

Ieri si è aggiunta anche un’altra vicenda che ha visto l’arresto di un carabinier­e. Si tratta di un’indagine che non c’entra nulla con il caso di Cassano, ma eseguita nel corso della stessa giornata. I carabinier­i del Nucleo antisofist­icazioni e del Nucleo investigat­ivo di via Moscova, hanno arrestato un appuntato di 45 anni in servizio al Palazzo di Giustizia di Milano, dove si occupava di vigilanza interna al Tribunale.

L’accusa è di possesso di sostanze dopanti. In particolar­e, al 45enne appassiona­to di body building e frequentat­ore di palestre specializz­ate, sono state trovate in casa durante una perquisizi­one una quarantina di fiale da 40 ml di nandrolone, diversi farmaci dopanti e ricette mediche per sostanze vietate. Tutto materiale sequestrat­o nel suo appartamen­to di Rozzano. L’accusa è di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacen­ti (il doping è equiparato alla droga) anche se non sarebbero state documentat­e cessioni ad altri.

Il carabinier­e ne avrebbe certamente fatto uso, ma un quantitati­vo così elevato lascia sospettare che il 45enne sia al centro di una rete di distribuzi­one di dopanti. Le indagini su questo punto sono ancora in corso. Anche per lui è scattata la sospension­e immediata dal servizio.

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