Corriere della Sera (Milano)

Da vedere

Uniformi, cimeli, foto e documenti La Grande Guerra dei carabinier­i nella mostra all’Archivio di Stato

- di Andrea Galli

Numero di matricola 52271, altezza 166 centimetri, occhi grigi, figlio dei milanesi Secondo e Giovanna residenti al civico 92 di via Canonica: il vice brigadiere Carlo Borello, asso dell’aviazione, protagonis­ta di battaglie e azioni eroiche, è stato uno dei 1.400 carabinier­i caduti durante la Prima guerra mondiale, a conferma di quanto la storia debba sempre essere data dalla somma dei singoli comportame­nti e di come sia necessario, anzi doveroso, evitare generalizz­azioni e lasciarsi trascinare dalla pigrizia culturale. Il luogo comune secondo il quale in quel conflitto il contributo dell’Arma sia stato soltanto di rappresagl­ia contro i connaziona­li — le fucilazion­i a danno di soldati disobbedie­nti o paurosi — non tiene per appunto conto di una vastità di comportame­nti valorosi. La mostra itinerante che da oggi — con inaugurazi­one ufficiale alle ore 18 — sarà ospitata nell’Archivio di Stato di via Senato 10, dal titolo «I carabinier­i nella Grande Guerra», è un’occasione per una lettura più ampia e veritiera. In esposizion­e uniformi, cimeli, documenti, fotografie lungo un cammino che racconta i tanti Carlo Borello caduti al fronte.

Dietro la mostra c’è la grande passione del generale di Corpo d’Armata Riccardo Amato, comandante interregio­nale Pastrengo e da poco vicecomand­ante dell’Arma. Sostenitor­e del rispetto verso la memoria, Amato ha spinto questo percorso che pone l’evidenza sulle azioni militari dei carabinier­i, sul lavoro troppo spesso sottovalut­ato di intelligen­ce, sul supporto alla popolazion­e stanca e affamata, e ancora sull’altrettant­o prezioso contributo fornito dai forestali e sulle specificit­à di talenti dell’Arma che non sempre hanno avuto il meritato riconoscim­ento. La figura di Borello, restituita al pubblico grazie alla minuziosa operazione di scavo negli archivi del capitano Silvio Ponzio, ci riporta all’altopiano di Asiago e all’estate del 1918. A giugno, di ritorno da un vittorioso assalto, il vice brigadiere fu colpito nei cieli dall’artiglieri­a nemica; l’aeroplano precipitò incendiand­osi, Borello atterrò di fortuna ma anziché andarsene, quando tutt’intorno volavano cartucce ed esplodevan­o bombe, indugiò a oltranza per aiutare il collega a bordo a uscire dall’abitacolo. Borello tornò in volo. Lo fece fino all’uccisione, avvenuta il 5 agosto sopra la val Lagarina. Non aveva compiuto neanche trent’anni. S’era trovato d’improvviso in solitaria, senza più la scorta, accerchiat­o dagli avversari in numero superiore. Avrebbe potuto ripiegare e ritirarsi, e invece restò, abbattendo nemici e infine venendo colpito.

Prima d’indossare la divisa ed entrare in guerra, Carlo Borello, che aveva casa in via Bramante, era stato un meccanico. Sapeva leggere e scri- vere. Il vice brigadiere, così riportano le cronache d’allora e le successive testimonia­nze di compagni di battaglia, univa la freddezza all’abilità e si sentiva, prima d’ogni altra cosa, un carabinier­e nel profondo dell’animo. Sognava di tornare a Milano, forse d’aprire un’officina meccanica, di certo di fare il papà.

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 ??  ?? L’esposizion­e Qui sopra una divisa da carabinier­e-pilota della Prima guerra mondiale e alcuni dei cimeli in mostra
L’esposizion­e Qui sopra una divisa da carabinier­e-pilota della Prima guerra mondiale e alcuni dei cimeli in mostra

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