Abusivi Mm, l’alleanza a destra
Gli abusivi Mm: FI ci protegge. «Sgombero bloccato con una telefonata in Comune»
C’ è una battaglia politica sotterranea dietro le occupazioni degli alloggi popolari in zona Mac Mahon. Gli abusivi dicono di potere contare su un sostenitore a Palazzo Marino, oltre alla protezione di CasaPound. Equilibri ribaltati rispetto a quando erano appoggiati dagli anarchici.
Gli abusivi delle case popolari in zona Mac Mahon dicono di avere un «sostenitore» in Comune (un consigliere di Forza Italia). Dentro Palazzo Marino possono contare su una «persona» che sarebbe riuscita a bloccare uno sgombero con una telefonata. E si sono assicurati una «protezione» nell’estrema destra (CasaPound). Una settimana fa il Corriere ha raccontato un’ipotesi di distorsione politica nella gestione delle case popolari: qualcuno, all’interno della maggioranza, avrebbe pilotato gli sgomberi per acquisire consensi nelle periferie. Quel meccanismo avrebbe però anche un’altra faccia, una sorta di «replica» nell’opposizione. Due ipotesi che convergono su un punto di caduta comune, il tornaconto elettorale. Le nuove «infiltrazioni» negli alloggi pubblici si rintracciano lungo via Mac Mahon, tra le vie Bramantino, De Predis, Jacopino da Tradate. Case del Comune, affidate ad Aler fino al 2014, in gestione a Metropolitana milanese (Mm) dal 2015. È una storia che inizia con decine di scritte sui muri.
Sono slogan che compaiono tra 2013 e 2014: «No Tav liberi». «Digos boia». «Caselli boia». L’ultimo riferimento è a Giancarlo Caselli, all’epoca capo della Procura di Torino, che indaga sugli attacchi al cantiere dell’alta velocità. I fili di quelle inchieste rimbalzano di continuo a Milano: portano alla «Mandragola», un circolo in affitto in uno spazio comunale di via Bramantino, e si chiudono con alcuni arresti. Nello stesso spazio, due giorni prima del Primo maggio 2015, la polizia sequestra un arsenale di bastoni, spranghe, coltelli. Non sarà sufficiente per impedire le devastazioni del corteo «No Expo», organizzato in buona parte proprio dalla frangia più oltranzista e violenta degli anarchici milanesi che s’era insediata in quei palazzi popolari. Ma come hanno fatto i «neri» a entrare in quella zona, storicamente controllata della criminalità organizzata, sull’asse Quarto Oggiaro-piazza Prealpi?
All’epoca la presenza criminale era in decadenza, e accettò l’ingresso degli anarchici. Contropartita: l’incasso per sfondare e aprire una dozzina di alloggi e, alla lunga, il presidio nelle strade contro gli sgomberi. L’«alleanza» non aveva niente di ideologico, fu un accordo di reciproca convenienza. Gli anarchici scelsero case con una buona visuale per controllare l’arrivo delle forze dell’ordine; ristrutturarono (con grande cura) sistemarono la sede di «Radio cane». L’ingresso fu possibile perché l’Aler, in quel periodo di crisi profonda, aveva perso il controllo sui caseggiati.
Dopo il corteo «No Expo», è cambiato tutto. Gli anarchici erano preoccupati per la pressione investigativa. E, soprattutto, il Comune aveva ripreso in mano la gestione delle proprie case: Mm aveva iniziato a lavorare puntando molto sulla sicurezza. Tra 2015 e inizio 2016, tutti gli appartamenti occupati dagli anarchici sono stati sgomberati. La criminalità di zona ha ripreso la sua influenza. E sono arrivate nuove presenze. A quel punto, fine 2016, c’era un solo «nemico» nelle strade: la sicurezza Mm che «recuperava» le case occupate.
Il 22 gennaio 2017, su youtube compaiono due video, due puntate di un’inchiesta («Gli eroi delle case popolari»), realizzate da «Il reporter indignato». Nei filmati alcune donne abusive, che vivono tra Jacopino da Tradate e De Predis, attaccano i metodi degli ispettori Mm (troppo veementi, a loro dire). «L’obiettivo di questa assemblea è che i tre prepotenti di Mm vengano cacciati». Poi inizia l’intervista. Una donna spiega: «Siamo abusive... Si è chiesta una regolarizzazione anche tramite un consigliere comunale, l’unico che tenta di farci avere un contratto». Diciamo il nome, chiede l’intervistatore. «Gianluca Comazzi, capogruppo Forza Italia. È l’unico che tenta di aiutarci, insieme ai ragazzi di CasaPound... Qui stranieri, a eccezione di un circolo africano, non ce ne sono». E ancora: «CasaPound Milano, lo sanno tutti, difende il diritto abitativo e, tra virgolette, difende questo cortile» (l’intervistata fa parte del comitato «Milano sicura», che nel 2016 ha animato le contestazioni contro i profughi alla caserma Montello). Comazzi, oggi in Regione, spiega al Corriere: «Ho incontrato il comitato dei residenti, li ho ascoltati e ho indicato loro i passaggi legali da compiere per presentare domanda di regolarizzazione, tra cui la richiesta in deroga. In quella circostanza ho appreso la storia di un inquilino italiano, malato terminale, che rischiava di subire uno sgombero.
La replica di Comazzi Ho incontrato il comitato di inquilini e ho indicato i passaggi da compiere per la regolarizzazione
Una vicenda dolorosa, considerato che la nostra città si è riempita di abusivi extracomunitari che spacciano».
Poco dopo, negli stessi filmati, un’altra donna, occupante dal 2012, racconta che durante un trasloco sono arrivati gli ispettori per lo sgombero: l’ispettore «mi voleva sbattere fuori immediatamente», ma «mi è andata bene perché lui stava parlando con una persona di Palazzo Marino, che sapeva chi ero, e gli ha detto “no la ragazza lasciala stare”, sennò io quel giorno ero già fuori».
Il giorno dopo la pubblicazione dei video su youtube, alla consigliera di Forza Italia, Silvia Sardone, arriva una lettera anonima, firmata proprio «case popolari Iacopino-De Predis». Denuncia che il dirigente sicurezza di Mm si sarebbe appropriato di una cucina (poche decine di euro). L’insofferenza contro la security Mm, nei quartieri popolari, per una singolare convergenza di interessi covava anche tra i comitati di sinistra. L’indagine non è ancora chiusa, dunque si attende di sapere se la denuncia fosse fondata o diffamatoria, ma l’azienda è stata comunque costretta a spostare il dirigente. Di fatto, gli abusivi delle case popolari non si sono più lamentati della linea intransigente sulla legalità.
Sala
Milano si sente in dovere di dimostrare che un modello fatto di solidarietà e anche di crescita può funzionare
Majorino Questa è la risposta a chi dice che accogliere vuol dire alimentare illegalità. Spero diventi un modello da replicare
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