Un condominio solidale nelle ex ville dei boss «Accoglienza e legalità»
Chiaravalle, inaugurata una struttura per 70 persone
Sono rimasti gli sterminati pavimenti di marmo rosa pregiato a ricordare lo sfarzo kitsch che fino a qualche anno fa dominava questi 1.600 metri quadrati sottratti alla criminalità organizzata. La furia dei proprietari, costretti a lasciare quasi dieci anni fa le due ville immerse in dieci ettari di giardino e terreni agricoli, ha fatto macerie delle colonne corinzie, dei mobili sfarzosi, dell’imponente vasca che spiccava nel maxi bagno da venti metri quadrati. Oggi quegli stessi spazi si sono trasformati in un condominio solidale.
A Casa Chiaravalle, il più grande bene confiscato in Lombardia alle mafie, affidato al Comune e gestito da Passepartout, rete di cooperative sociali, saranno accolte settanta donne — italiane e straniere, sole e con bambini — in fuga dalla violenza o che vivono un disagio abitativo. Come Fatima, donna ghanese vittima della tratta. «Ero una guardia carceraria — racconta — ma mi sono fatta convincere da un uomo a tentare il viaggio in Europa. Arrivata in Italia mi hanno costretto a lavorare di notte in strada, finché non sono scappata». Come lei sono tante le donne in difficoltà che qui saranno accompagnate in un percorso d’inclusione e autonomia. Attraverso corsi d’italiano, laboratori di formazione professionale (dalla sartoria alla cura degli orti), sostegno sociale e legale, attività che saranno aperte anche al quartiere.
Il primo dei due edifici gemelli è pronto (nella seconda villa si stanno ultimando i lavori di ristrutturazione). Al piano terra s’incrociano le cucine rimesse a nuovo, la grande sala da pranzo, gli spazi di socialità. Le stanze — camere da tre, quattro, sei posti con bagni in comune — sono al primo piano: letti, armadi, scrivanie, c’è tutto l’essenziale.
L’inaugurazione di ieri è il primo atto della nuova versione di «Insieme senza muri»: dalla marcia del 20 maggio di un anno fa si passa a una grande rassegna di eventi diffusi che terminerà con la tavolata multietnica del 23 giugno al parco Sempione. «In questo momento Milano si sente in dovere di dimostrare che un modello fatto di solidarietà e anche di crescita può funzionare», spiega il sindaco Beppe Sala che snocciola qualche dato a dimostrazione del fatto che «si può fare: «In Italia ci sono il 9 per cento di immigrati, a Milano siamo al 19 per cento, ed è una città che funziona».
Per l’assessore al Welfare, Pierfrancesco Majorino, Casa Chiaravalle è anche una risposta «a chi dice che accogliere vuol dire alimentare illegalità. Ma qui, dove c’era la mafia e si costruiva un’economia illegale, oggi c’è un centro d’accoglienza che crea legalità, un luogo che io immagino come un punto di arrivo e di ripartenza: perché da una parte offre ospitalità e dall’altra deve dare la possibilità a chi è accolto di costruirsi una vita migliore. Spero possa diventare un modello da replicare anche in altri luoghi».