D’Auria: «Io, Schubert e la malinconia»
«Schubert è l’autore che più sento familiare, la sua musica riflette la mia indole per quel suo sorridere quasi sempre con malinconia, per quella tristezza che adombra anche i momenti dove il modo maggiore sembra dominare luminoso». Elisa D’Auria è entusiasta di immergersi stasera nel «suo» autore per la Società dei Concerti: l’appuntamento del ciclo «Incontri Musicali» all’Auditorium Gaber (p.zza Duca d’Aosta, ore 21, ingr. lib. tel. 02.66.98.69.56) è una vera «Schubertiade», quelle riunioni domestiche dove Schubert confessava il proprio intimo e condivideva la propria arte con amici e musicisti. Infatti il programma è assai particolare: la pianista salernitana parte da sola con gli Improvvisi op. 142 n. 2 e 3, poi accompagna la violoncellista Raffaella Cardaropoli nella sonata «Arpeggione» e infine si unisce ad altri archi per il quintetto «La trota». «Un capolavoro assoluto; sono cresciuta con la mitica registrazione di Barenboim, Du Pré, Perlman. Fin dal primo ascolto rimasi commossa dal tema di viola e violino del secondo tempo, peccato che il pianoforte non la esegua mai e si limiti ad accompagnarla. Il finale è uno dei rarissimi casi in Schubert dove la gioia è pura e non velata dalla malinconia, per questo ne accentuiamo il carattere giocoso e danzante». Come il Quintetto prende il nome dal lied «La trota» citato, così l’Improvviso che apre la serata è una serie di variazioni su Rosamunde», spiega D’Auria, che proprio oggi compie 35 anni. «Non è facile passare dal suonare da sola ed essere tutta concentrata su me stessa alla seconda parte in cui dialogo con altri strumentisti; però l’Arpeggione è una via di mezzo, perché anche se il dialogo è intenso, il violoncello è protagonista assoluto». Per coronare il suo sogno, però, Schubert non potrà aiutarla: «Poiché non scrisse concerti per pianoforte e orchestra il mio sogno è suonare Schumann alla Scala con Riccardo Chailly».