L’Istat: «Lombardi più magri e longevi»
Varese
Meno chili addosso e vita più lunga. Donne al lavoro dopo la gravidanza in percentuale maggiore rispetto alle altre regioni e disoccupazione femminile circa la metà del dato nazionale. È l’istantanea che l’Istat fa della Lombardia nel «Rapporto Annuale 2018-La situazione del Paese» presentato ieri dal presidente Giorgio Alleva nell’aula magna dell’Università dell’Insubria di Varese. La speranza di vita per lombardi e lombarde è più alta rispetto al resto d’Italia: 81,2 anni per gli uomini, 85,5 anni per le donne (il dato nazionale è di 80,6 anni per i maschi e 84,9 per le femmine). La regione risente dell’invecchiamento della popolazione, ma con livelli sotto la media: 162 anziani ogni 100 giovani, contro i 168,7 dell’Italia, paese più vecchio al mondo dopo il Giappone. È poi curioso dare uno sguardo alla sezione «benessere equo sostenibile», dove gli indicatori riguardano ad esempio l’eccesso di peso, che vede i lombardi sotto la media (42,1 contro 44,8) e l’istruzione: l’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione si verifica con meno frequenza che altrove. Quest’ultimo è un dato importante perché quest’anno l’istituto di statistica ha deciso di indagare i numeri degli italiani con una lente diversa, che considera le reti di relazioni tra individui, famiglie e imprese. Così si scopre che il numero medio dei parenti su cui contare in caso di difficoltà economica è di 5,4 persone: poche. E quindi si cercano relazioni di sostegno gratuito anche fuori dal contesto famigliare. Sono le «reti elettive», di amici e conoscenti, che funzionano bene in presenza di due requisiti: buona istruzione e lavoro soddisfacente. Un trend seguito non solo dalle persone, ma anche da aziende che specialmente al Nord, e in Lombardia in particolare, cercano in oltre il 50% dei casi relazioni con altre imprese per entrare in rete o addirittura, il 30% delle volte, per dare vita a reti complesse con servizi comuni o innovazione. Un processo virtuoso che vede la Lombardia crocevia di due «sentieri della produttività». Si muovono entrambi da Milano: il primo verso il Veneto e il confine orientale, mentre quello più compatto va nella direzione dell’Emilia. Si tratta di un posizionamento geografico di imprese che hanno gli stessi livelli di produttività del lavoro.