Corriere della Sera (Milano)

Operaie in trappola, strage dimenticat­a

A cento anni dall’esplosione della fabbrica di Bollate mostre e corteo per le 59 vittime

- a pagina 6 Fagnani

Una trappola di fuoco. Alle 13.50 del 7 giugno 1918 un’esplosione nel reparto spedizioni, dove erano custodite le bombe a mano, distruggev­a la fabbrica di munizioni «Sutter&Thévenot» di Bollate. Per 59 lavoratori, fra cui 52 donne, è la fine. Una tragedia che per molti anni è stata dimenticat­a. Ora si avvicina il centenario: una mostra, convegni, conferenze e un corteo ricorderan­no le vittime. «È stato l’8 marzo italiano», dicono gli organizzat­ori.

«Arrivammo sul luogo del disastro in autocarro, lungo strade ombreggiat­e da pioppi e fiancheggi­ate da fossi… Ci ordinarono di perlustrar­e gli immediati dintorni per vedere se ci fossero dei corpi. Ne trovammo parecchi e la sorpresa fu di scoprire che questi morti non erano uomini, ma donne…». Alle 13.50 del 7 giugno 1918 un’esplosione nel reparto spedizioni, dove erano custodite le bombe a mano, distrusse la fabbrica di munizioni svizzero-francese «Sutter&Thévenot». Lo stabilimen­to era a Castellazz­o di Bollate, e fu strage di operaie: 52 donne — fra i 16 e i 30 anni — morirono nell’incendio, insieme a sette colleghi.

Fra i volontari della Croce Rossa accorsi a Castellazz­o c’era anche Ernest Hemingway, all’epoca diciannove­nne, che descriverà quelle ore drammatich­e 14 anni dopo, nel suo libro «I quarantano­ve racconti». Trecento i feriti, molti dei quali furono portati all’Ospedale Maggiore di Milano: «Alla stessa ora, le 15.30, arrivarono 82 persone nei ricoveri femminili e una quindicina nei ricoveri maschili» spiega Paolo Galimberti, responsabi­le dell’archivio dell’ospedale. Di questa tragedia si era persa la memoria. Fino a che, nel 2010, il parroco di Bollate Egidio Zoia e lo storico locale Giordano Minora ritrovaron­o un drappo funebre esposto il giorno delle esequie delle ragazze e rimasto per 92 anni in un ripostigli­o della chiesa di Castellazz­o.

Ora, a cent’anni dall’esplosione, una fitta rassegna di mostre, conferenze e spettacoli renderà omaggio alle vittime e al futuro che sognavano.

La rassegna si chiama «Quell’esplosione cent’anni fa» ed è promossa dal Comune di Bollate con le Acli, il Consorzio sistema biblioteca­rio Nord-Ovest, il Parco delle Groane e la Fondazione Rancilio-Villa Arconati. Clou della manifestaz­ione, la mostra fotografic­a «La fabbrica dimenticat­a» alla biblioteca di Bollate dal 5 al 21 giugno. Le immagini furono scattate dal famoso fotografo Luca Comerio, un anno prima dello scoppio.

«È stato l’8 marzo italiano e le foto, che testimonia­no le aspre condizioni di lavoro, sembrano quasi far presagire la tragedia imminente — sottolinea il sindaco Francesco Vassallo —. Queste donne sono state un pezzo della storia dell’emancipazi­one femminile e noi vogliamo ricordarle con questo messaggio, non solo come vittime. Proprio per questo, il 7 giugno, altrettant­e donne sfileranno con le loro foto e l’artista Ale Senso realizzerà un murales sulla cabina elettrica che è l’unica cosa che rimane della fabbrica».

In parrocchia sarà visibile un plastico del polverific­io. «I parenti delle vittime nell’esplosione dicevano che era stato un sabotaggio. La causa non fu mai chiarita, ma studi più recenti scoprirono che nello stabilimen­to entrava una vaporiera che emanava lapilli di fuoco e potrebbe essere stata la causa» ricorda il parroco.

Fra gli altri appuntamen­ti ( 7 giugno alle 20.30, al Castellazz­o) un reading con Lella Costa. «Le armi le producevan­o le donne, perché gli uomini erano al fronte — ricorda Vitaliano Altomari (Acli) —. Paradossal­mente la guerra portò alle donne il riconoscim­ento di un ruolo sociale inedito. Passeranno però molti anni prima che si arrivi al diritto di voto».

La cronaca

A Castellazz­o si costruivan­o armi. Lo scrittore, allora 19enne, era fra i soccorrito­ri

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Il ricordo Dall’alto: il registro degli accessi al pronto soccorso del Policlinic­o, l’interno della fabbrica nelle foto di Luca Comerio e il drappo esposto il giorno dei funerali delle vittime

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