STUDENTI «SOCIAL» E SPAESATI
Diciamola tutta: un dibattito tra aspiranti rettori della Statale sul programma «politico» dell’era post Vago, si può pensare a qualcosa di più noioso sulla carta? Siamo stati tutti studenti. Tutto a posto dunque se il dibattito è andato pressoché semideserto? No. Giudicare sarebbe sbagliato, ma non rifletterci sarebbe ancora più grave. Prima di tutto perché il confronto era stato organizzato dagli stessi studenti. Quindi c’è un problema di coerenza. Secondo perché quando si è trattato di protestare con le formule più tradizionali di piazza per le stesse questioni effettivamente importanti discusse venerdì (come lo spostamento dell’Università nell’area Expo o il numero chiuso) gli studenti ci sono stati. Quindi c’è un problema di confronto. La questione non riguarda solo gli studenti, ma tutti noi. La fiducia nel dibattito sembra essersi smarrita. Protestiamo sui social ma poi quando si tratta di dire la nostra in più di 140 caratteri disertiamo. Non siamo d’accordo sulle scelte ma poi diventiamo sempre più un popolo di astenuti. Stiamo sempre attaccati allo smartphone diventato il nostro miglior amico ma non ci informiamo e ci accontentiamo di slogan rabbiosi che facciamo riversare dai nostri improbabili avatar sulla Rete. Abbiamo perso il senso alto della politica come costruzione collettiva del futuro. I social network sono riusciti a tirare fuori la parte peggiore di noi, la spinta all’individualismo. Alla fine dietro gli studenti della Statale ci siamo noi allo specchio: social, ma spaesati.