Carta d’identità digitale ai capolavori da museo
Robot, algoritmi e modelli 3D: Memooria, la start up che certifica i quadri
A vederlo, a parte la giacca e la cravatta, non ha nulla dell’aria rampante dei manager proposti dall’immaginario cinematografico. Eppure Luca Ponzio, classe 1977, sta per mettere a segno un progetto nel campo dell’arte che ha potenzialità a livello planetario. La sua start up Memooria è nata dall’idea di dotare le opere d’arte di carte d’identità digitali, certificate e valide per tutto il mondo, in modo da garantire, per esempio, l’integrità dei prestiti fra musei, l’autenticità delle opere nel catalogo ragionato di un autore o ancora la gestione trasparente del patrimonio artistico preservandolo dai furti.
Il tutto attraverso robot e algoritmi che forniscono immagini di precisione sub millimetrica, ben superiore alla visione umana, da cui si possono trarre anche modelli 3D. I dati acquisiti vengono poi archiviati con certificato «blockchai», un sistema che nel prossimo futuro impareremo a conoscere tutti perché è il «notaio digitale» che custodisce i dati criptati, non manomettibili, anche di Spid, il Sistema pubblico di identità digitale della pubblica amministrazione.
Nel 2015 Luca Ponzio ha presentato il progetto a un bando per l’innovazione culturale della Fondazione Cariplo che aveva come tutor Maria Fratelli, dirigente del Comune di Milano del Servizio case museo e progetti speciali, e in questi giorni è iniziata la sperimentazione nella Casa-museo Boschi Di Stefano di via Jan, che ha siglato un accordo di collaborazione a costo zero per il Comune: l’iniziativa porterà alla digitalizzazione in 2 e 3D di tutte le opere della collezione. Memooria, però, non è la prima start up creata da Luca Ponzio, il quale si è innamorato dell’arte nel 2005 quando ha dato vita ad Haltadefinizione, società che ha digitalizzato la cappella degli Scrovegni, a Padova; il codice Trivulziano del Castello Sforzesco sfogliabile virtualmente; la sacra Sindone e anche 500 capolavori degli Uffizi di Firenze in gigapixel (le opere sono visibili anche sul sito haltadefinizione.com). «Proprio ingrandendo la “Primavera” del Botticelli ci siamo accorti di un sollevamento del pigmento sotto la bocca della Flora — racconta Luca —. Così mi è venuto in mente che le tecnologie ad alta definizione potevano essere utilizzate non solo per la valorizzazione, ma anche per la conservazione. Siamo i primi nel campo dell’arte a offrire questa tecnologia che permette di acquisire a basso costo e in breve tempo una cartella clinica delle opere». Solo quaranta minuti per un quadro di medie dimensioni e il museo ottiene un check up completo, dalle immagini comparabili nel tempo per tutelarne l’autenticità allo stato di salute per anticiparne il degrado. Se funziona, il potenziale è enorme.