Intrusioni in pieno giorno e sentinelle anti-pattuglie: il «mestiere» di rubare
Cresce il ricorso ai «pali» in strada. Allenamenti prima dei colpi
Se mai, magari per caso, nella cerchia del sindaco Sala qualcuno temeva la diffusione della notizia dell’arresto delle sue ladre, ipotizzando il rischio che i milanesi avrebbero pensato a un «trattamento di favore», allora significa che quel qualcuno vive in un’altra città. La ricerca a volte perfino sofisticata di una specializzazione criminale fra le bande di ladri attive a Milano, e di contro la crescita del metodo investigativo (e delle catture) delle squadre di pronto intervento, le pattuglie dell’Upg della Questura e del Nucleo radiomobile dei carabinieri, raccontano una sfida su più campi, una sfida «dinamica», una sfida per niente a senso unico, a eterno danno del cittadino.
I soldati e i capi
Dice Maria José Falcicchia, a capo di quell’Upg che ha codificato a Milano il contrasto alle bande georgiane, che ogni nazionalità criminale richiede una specifica strategia. Per seguire i georgiani, sui quali fuori città hanno avuto gli anni addietro una primogenitura investigativa i carabinieri di Novara, non bisogna trascurare il «filo» della droga e in particolare dell’eroina. La droga è diffusa nella comunità che nell’Est Europa, proprio con i proventi dei «colpi», sta ricostruendo un intero Paese (case, negozi, centri commerciali). Giovani, «preparati» fisicamente, capaci di mutuare sul terreno metropolitano un’organizzazione militare di squadra appresa negli addestramenti in Georgia, questi soldati del furto seguono un turnover imposto dai capi dei clan — la truppa arriva per un’infilata di razzie e scappa, subito sostituita da nuove forze —, agiscono in batterie e commettono errori minimi. A volte proprio non ne commettono.
Sotto le macchine
I segugi del Nucleo radiomobile tramandano trucchi del mestiere, insegnamenti dell’esperienza come l’altissima probabilità, da parte di un fuggitivo dopo un furto e di una rapina, di nascondersi sotto le macchine parcheggiate negli immediati dintorni oppure d’infilarsi nel bar più vicino, sedersi a un tavolino e ordinare da bere. Ci sono stati balordi catturati perché, davanti a un bicchiere d’acqua, sudavano come dannati anche in pieno inverno, affannati al termine dell’inseguimento. Dopodiché, tolti questi aneddoti sulle sfide di strada, gli stessi carabinieri ricordano due recenti, frequenti circostanze: i «colpi» commessi in pieno giorno, di solito intorno a un orario classico (le 17), e le scene del crimine inalterate. I ladri sono entrati agendo sulla serratura di una porta ma l’ambiente modificato non presentava variazioni. Chi si è «confrontato» con quella serratura l’ha fatto con rispetto e maestria, con chiavi universali, con un’abitudine ai gesti e alle cose dei ladri.
Da fantasmi a predoni Nell’intervista di ieri al Corriere, il generale di Divisione Teo Luzi, alla domanda su quali siano le più insistenti richieste dei cittadini, ha risposto: «Evitare i furti nelle case». Gli arresti in flagranza ci sono ma non sono scontati; e il cammino di «preparazione» delle tre ladre del sindaco, come spiegato da Falcicchia, seppur nell’assenza di piani meticolosi — giravano e sceglievano palazzi e appartamenti a casaccio — partiva da lontano, dall’hinterland, da una vita di fantasmi, da una villa affittata come altre. Quel vagare comunque aveva una cifra di professionismo: c’era l’abitudine di una delle tre a far da «palo». Dicono le forze dell’ordine che sono sempre più le segnalazioni, c’è maggior cooperazione, al primo sospetto di un estraneo in condominio i vicini danno l’allarme; le bande di ladri lo sanno e la sentinella che vigila alla base del palazzo, in attesa delle sirene, è ormai essenziale. Come i «pali» delle rapine in banca, rapine, per la cronaca, in enorme riduzione.