Farmacia Caiazzo, revocate le licenze
Primo caso in Italia. «Qui un laboratorio di legalità»
Era rimasta aperta nonostante fosse finita al centro di inchieste sulla criminalità organizzata, ma da due giorni è stata chiusa la farmacia Caiazzo (in piazza Caiazzo): il Comune ha revocato tutte le licenze, a seguito di un’interdittiva firmata dal prefetto Luciana Lamorgese.
Era rimasta aperta pur se è finita al centro di due corpose inchieste contro la criminalità organizzata. Da due giorni però le saracinesche della farmacia «Caiazzo» sono abbassate, perché un’interdittiva antimafia della Prefettura ha imposto la revoca di tutte le licenze, quelle per la vendita e lo stoccaggio dei farmaci (dell’Ats) e quella commerciale (del Comune). È la prima volta in Italia che un provvedimento come l’interdittiva viene emesso su una farmacia, un utilizzo innovativo che mai prima d’ora aveva toccato questo settore. E non è forse un caso che questo avvenga a Milano, la città nella quale le cosche della ‘ndrangheta sperimentano le forme più evolute di infiltrazione nell’economia legale e rispettabile. Il lavoro e l’approfondimento della Prefettura su questo tema rappresentano dunque una sorta di laboratorio di innovazione nell’attività antimafia, di adattamento degli strumenti di contrasto alla fluidità della realtà criminale.
La farmacia, tra piazzale Loreto e la stazione Centrale, era stata già toccata da un’indagine dell’antimafia nel 2016, che iniziò a delineare un investimento nelle cosche per l’apertura dell’attività.
Investimento al centro di una rete di cognomi, matrimoni e parentele che riportano alle cosche di San Luca e ai livelli massimi della ‘ndrangheta. Da Sebastiano Romeo, detto ‘u Staccu, fino ad Antonio Romeo, l’Avvocaticchio, e Giuseppe Calabrò, ’u Dutturicchiu, grande broker di cocaina. Tutto iniziò con l’arresto dell’ex direttore delle Poste di Siderno, Giuseppe Strangio (oggi sotto processo), per aver investito proprio nell’acquisto della farmacia Caiazzo oltre 200 mila euro delle famiglie Romeo e Marando. Ad aprile scorso, una nuova indagine dei carabinieri ha portato all’arresto del dottor Giammassimo Giampaolo, 43 anni, titolare della farmacia, di suo fratello Domenico, 48 anni, (legati ai Romeo) e di Sebastiano Calabrò, 33 anni, dipendente della farmacia e figlio del trafficante. Diceva il gip negli ultimi ordini d’arresto che «Domenico Giampaolo e Calabrò, nonostante siano pregiudicati per traffico di droga, si occupavano dell’acquisto di medicinali presso le principali case farmaceutiche».
E questa rete dietro l’attività di piazza Caiazzo «stava reinvestendo nell’acquisto di altre farmacie in Lombardia e di appartamenti in corso Buenos Aires per tre milioni di euro».
E questo è il punto chiave: le interdittive della Prefettura sono fondate sul pericolo di condizionamento criminale, hanno l’obiettivo di tutelare «l’ordine pubblico economico e la concorrenza»; dunque, in ultimo, di evitare che i patrimoni criminali alterino il mercato e vengano «ripuliti» all’interno di attività legali. La portata innovativa del provvedimento della Prefettura è che per la prima volta queste valutazioni vengono portate fino a una farmacia, e che vanno dunque a toccare un livello nel quale la criminalità organizzata assume il volto un professionista rispettato che ha una laurea, che ha acquisito autorizzazioni e licenze, in un settore sottoposto a livelli particolarmente alti di vigilanza.
La farmacia non è stata commissariata anche perché, secondo il parere dell’Ats, a Milano attività simili sono sovrabbondanti e la revoca di una licenza non altera l’integrità del servizio pubblico. L’avvocato di Giammassimo Giampaolo, Ermanno Gorpia, sta preparando il ricorso contro l’interdittiva e sostiene che sia fondata su alcuni presupposti non corretti: la farmacia, spiega, «è stata acquistata per 2,4 milioni di euro» da Giammassimo, «ma Strangio avrebbe dato a lui solo 48 mila euro e su questi 48 mila euro l’indagine della Dda ha escluso che il mio assistito sapesse da dove provenivano quei soldi. E quindi la sua posizione è stata archiviata».