Le ladre griffate Due della gang già scarcerate
Riconosciute nei video e segnalate alla polizia Dopo la cattura due della gang già scarcerate
Una risulterebbe minorenne, dunque non imputabile. La seconda, il capo della banda, è incinta e dunque resterà a vivere nel covo di Bollate dove è stata trovata refurtiva griffata e ha solo l’obbligo di firma. Sono già state scarcerate due delle tre rom fermate martedì per il furto a casa del sindaco. Molti cittadini le hanno riconosciute in video e hanno segnalato ulteriori colpi alla polizia.
«Le ho riconosciute, sono le stesse che hanno rubato in casa mia». Ai centralini della questura sono arrivate molte telefonate. Persone che hanno visto in televisione e sui siti le immagini delle tre donne che hanno svaligiato la casa del sindaco Beppe Sala (tre ragazze rom che, tre giorni fa, sono state arrestate dall’Ufficio prevenzione generale della polizia). Ogni telefonata arrivata in questura contiene una segnalazione: una (potenziale) mappa di furti che tocca quasi tutto il centro della città e che, secondo i milanesi derubati che avevano un impianto di video sorveglianza, potrebbero essere ricondotti allo stesso gruppo di ladre. Il secondo tempo dell’inchiesta della polizia parte da qui: tutte quelle indicazioni dovranno essere approfondite, bisognerà recuperare materiale di indagine e soprattutto (dove possibile) i filmati. Il confronto sarà la base degli accertamenti, alla ricerca delle prove per collegare alle tre donne altri furti.
Quelle telefonate in questura sono arrivate mentre le tre ragazze venivano interrogate dal gip. Due sono state scarcerate. La prima, secondo i rilievi della polizia attraverso le radiografie, aveva più di 14 anni. Ma gli avvocati hanno portato dei documenti secondo i quali la ragazza sarebbe più giovane. Dunque, non imputabile. Nell’attesa di una perizia per definire l’età con certezza, il gip del Tribunale per i minorenni l’ha rimessa in libertà, affidandola a una comunità. L’altra invece, che era la leader del gruppo, ha una bambina di pochi mesi ed è incinta: il giudice spiega dunque che per la «custodia in carcere» di una madre con un figlio minore di 6 anni servono «esigenze cautelari di eccezionale gravità e rilevanza, che in questo caso non sussistono». Gina Beltrami, 19 anni, rimarrà dunque a vivere nella casa in cui custodiva anche una sorta di magazzino stracolmo di borse, pellicce, orologi e altri oggetti rubati. Ha solo l’obbligo di non uscire dal Comune di Bollate e di andare a firmare davanti alle forze dell’ordine due volte al giorno. Questo primo esito giudiziario (la scarcerazione) è la replica di decisioni analoghe che vengono prese quasi ogni giorno, perché per le ragazze rom essere in gravidanza o madri di figli piccoli è la norma ricorrente quando vengono arrestate per furti o borseggi.
In quella casa di Bollate i poliziotti hanno trovato anche due scatole di Rolex venduti da una gioielleria milanese, e nel negozio sono andati ieri per fare accertamenti insieme agli agenti della polizia amministrativa (Pas). Entrambi gli orologi sono stati acquistati da rom: uno in contanti, l’altro sempre in contanti (2.500 euro), ma senza alcuna registrazione. Una vendita «in nero» segnalata all’Agenzia delle entrate.