Ironie sulla direttrice Figli espulsi dall’asilo
Scoppia battaglia legale
Un gruppo di mamme si lancia in commenti ironici, ma la chat è quella della scuola dell’infanzia e qualcuno inoltra un commento alla dirigente dell’asilo. Dirigente che è essa stessa il soggetto dell’ironia, in cui si vagheggiano presunti flirt. «Ma chi vuoi che se la pigli...», scrive una mamma. A stretto giro riceve una raccomandata: il legale della scuola — una paritaria del centro che include una materna — sospende le iscrizioni dei figli di due e quattro anni. Replicano gli avvocati della famiglia: «Trattamento ritorsivo su minori». Il caso arriva anche al Parlamento: il deputato Daniele Belotti (Lega) ha chiesto chiarimenti all’Ufficio scolastico regionale.
«Ma dai, chi vuoi che se la pigli...». Invio. Emoticon sghignazzanti come risposta. Nella chat la discussione passa oltre, sono cose fra amici. Anzi, no. Perché «quella» è nientemeno la chat dei genitori della scuola dell’infanzia, un luogo temibile dove la prudenza (verbale) non è mai troppa. Lo dicono i sociologi, lo confermano i fatti. La mamma dal messaggino tagliente, mentre digita, non calcola che il suo commento verrà letto da mezzo istituto, che qualche delatore passerà all’inoltro, che il soggetto dell’ironia — nel caso specifico, una dirigente della scuola — non gradirà. L’effetto domino arriva a livelli imprevedibili: la figlia di quattro anni della colpevole viene espulsa dalla materna, il fratellino depennato dai futuri iscritti, scendono in campo gli avvocati, fioccano diffide, si quantificano danni e, infine, si giunge pure in Parlamento dove il deputato leghista Daniele Belotti verga una richiesta di chiarimenti all’Ufficio scolastico regionale «per trattamento ritorsivo e spropositato».
Il caso scoppia in un istituto privato paritario del centro che comprende anche una materna. A fine maggio, un gruppo di mamme si dà convegno online e di commento in commento arriva a ironizzare sulla coordinatrice dell’asilo. Pare si parli di presunti flirt. A stretto giro una delle famiglie riceve una raccomandata dall’avvocato del plesso: «Recesso per giusta causa». La mamma incauta ha due figli: una, di quattro anni, che frequenta la scuola dell’infanzia e uno, di due, iscritto per il prossimo anno. «La scuola — recita la missiva — sospende l’erogazione di ogni servizio. Vorrete, quindi, evitare di portare i due minori in classe, onde evitare loro ogni disagio». Il legale cita articoli del contratto d’iscrizione, non rispettati «a seguito dei gravissimi fatti avvenuti nell’ambito della chat istituzionale dei genitori», ricorda che l’ente «si riserva azioni per tutelare l’onorabilità e l’immagine della coordinatrice» e minaccia richieste danni. Secondo atto del carteggio: parola agli avvocati della famiglia. Contestano «comportamenti ritorsivi, ingiustificati (contrattualmente) e manifestamente sproporzionati» nei confronti della piccola che «è anche stata allontanata dai compagni durante l’orario di lezione e messa in disparte fuori dalla classe con tutti i suoi effetti personali, cosa che ne ha destato il disorientamento». Segue contro-minaccia di richiesta danni. Ora la bimba è iscritta altrove e la politica ha intercettato il caso. Belotti ricostruisce l’intera vicenda (inclusa la frase galeotta, che sarebbe appunto «chi vuoi che se la pigli») in una lettera all’ufficio regionale guidato da Delia Campanelli. «La direzione — scrive — per un commento sarcastico in una chat di mamme ha reagito in modo sproporzionato e non pertinente a danno non dell’autrice del commento, bensì di un soggetto minore, per di più a pochi giorni dalla fine dell’anno scolastico». Chiede quindi di «accertare la veridicità dei fatti e, nel caso, prendere provvedimenti a tutela della bambina». La chat, inutile dirlo, tace.
Scambio di accuse
L’istituto privato: tuteliamo l’immagine della coordinatrice I genitori: ritorsione